Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Cheyenne è una popstar che da circa trent’anni ha deciso di ritirarsi a vita privata in una grande villa dell’Irlanda. Sempre uguale al suo personaggio dark che scriveva canzoni depresse per ragazzi depressi come due ragazzi che si suicidarono seguendo alla lettera quei testi e che ora per espiare la colpa lui ne visita la tomba. I suoi unici “impegni” sono uscire con la giovane amica blue Mary, tentare di fidanzarla al timido e imbranato Jimmy. Quattro “chiacchiere” con l’amico sessuomane Jefferey e un rapporto singolare con la moglie Jane, pompiere con il senso dell’ironia come lui. Dalla natia America gli giunge notizia che il padre di origine ebrea sta morendo, lo trova già morto e un numero sull’avambraccio li spalanca il libro dei ricordi. Cheyenne rilegge vecchie lettere del padre, chiede l’ausilio di Mordecai Midler un esperto cacciatore di nazisti ma poi intraprende da solo la caccia ad Aloise Lange il nazista che umiliò il padre ad Auschwitz. Dapprima trova la moglie, la figlia, infine lui e con l’intervento di Midler ricambia l’umiliazione. Il nuovo Cheyenne può fare ritorno a casa. THIS MUST BE THE PLACE è un film che parte lento, rallentato come i riflessi del protagonista, sospeso e iconico. Con il procedere della storia l’intensità cresce e dopo New York e l’incontro con David Byrne (autore principale di una grande colonna sonora) il cammino di maturazione del bambino truccato e con un trolley come fedele compagno di viaggio si dilata e si espande, fiorisce un nuovo uomo che - portata a compimento la missione - chiude in positivo la partita con un padre che (senza dirglielo mai) lo ha sempre voluto bene e forse “qualcosa lo ha disturbato…non so bene cosa…ma qualcosa lo ha disturbato” dall’intento. Cheyenne ritorna in Irlanda e nello stupendo finale – dimessa la vecchia maschera da clown triste – può finalmente sorridere e regalare un sorriso a chi lo aveva perduto. Cheyenne è uno Sean Penn da incorniciare. Il regista è Paolo Sorrentino che con questa opera d’arte si distacca dall’angusto panorama del cinema italiano e prende il volo per gli spazi immensi degli Stati Uniti. La sceneggiatura è dello stesso regista e di Umberto Contarello: bellissima, quadrata, pervasa da un umorismo geniale e sottile, inglese ed ebreo per certi versi. Cast di attori e di volti pressoché perfetti. I punti di riferimento potrebbero essere Fellini, il Lynch di UNA STORIA VERA ma Sorrentino è nato autore e qui si prende tutto il tempo forgiandolo con lo stile e l’inventiva che gli appartengono. Lui risponderebbe alla Cheyenne: “ Non è vero ma è bello che tu lo dica”.
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