Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
L'America: deve essere questo il posto che Paolo Sorrentino, uno dei più innovativi e geniali registi italiani, dovrebbe evitare di frequentare per ragioni artistiche e andarci soltanto da turista. Già, perché dopo avere infilato un capolavoro dietro l'altro, l'autore de Il divo va incontro alla sorte che fu già di De Sica (Sette volte donna) e Scola (Permette? Rocco Papaleo): un capitombolo clamoroso nella terra per eccellenza della settima arte. Inerte e senza idee, This must be the place sembra soltanto voler dar sfogo alla capacità del regista campano di curare le immagini (la fotografia è di Luca Bigazzi) e assemblare gustose colonne sonore (qui firmate da David Byrne). La storia è imperniata su uno dei due espedienti classici dei registi a corto di idee: il road movie (l'altro è quello del regista in crisi). Sean Penn, che recita come se avesse ingerito quantitativi industriali di bromuro e non è mai stato così sprecato, è una rockstar cinquantenne che si è ritirata dalla scena. Vive con la moglie in una specie di reggia a Dublino ed esibisce costantemente un orrendo mascherone bistrato. Alla morte del padre, scampato ai campi di concentramento, viene a sapere che il genitore aveva dato la caccia al suo aguzzino nazista per tutta la vita. Allora torna negli States e si mette in marcia per portare a termine l'opera. Psicologia d'accatto, racconto fumoso, dialoghi grotteschi, intellettualismo esasperato ed esasperante, scantonamenti narrativi ed esplosioni comiche sono la cifra stilistica di un film da dimenticare al più presto.
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