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Melancholia

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Melancholia

di supadany
8 stelle

Lars Von Trier colpisce ancora, un cinema al limite dell’impossibile, tumultuoso ed impervio, abbina qui lo spirito antiborghese all’armageddon dell’umanità, risultando eccessivo ed anche de­leterio al tranquillo vivere, senza paura di prestare il fianco, al punto di essere cacciato da Cannes per dichiarazioni indifendibili (persone così mi fanno comunque tanta paura), quando poi la Dunst si è portata a casa il premio come miglior attrice (sacrosanto e sorprendente, non so quale dei due aggettivi sia più consono per la cosa).
Justine (Kirsten Dunst) ha appena sposato Michael e la festa è tutta per loro, ma lei è subito sopraffatta da un malessere inspiegabile, sarà che la sua famiglia non fa niente per stare al suo fianco.
Intanto il pianeta Melancholia si sta avvicinando alla Terra, dovrebbe solo sfiorarla, ma Claire (Charlotte Gainsbourg) è convinta che la fine sia vicina, nonostante suo marito John (Kiefer Sutherland) faccia di tutto per tranquillizzarla, d’altronde gli scienzati dicono che non ci sono pericoli.
Pellicola divisa in due tempi (con tanto di divisione in netti capitoli); da un lato il matrimonio, in cui si rivivono i miti antiborghesi (un classico del Dogma), una società che si meriterebbe di essere falcidiata in toto da un meteorite, dall’altro l’attesa del passaggio del pianeta con tutti i sentimenti che il rischio della fine del mondo può generare, tra la paura di svanire nel nulla e la speranza di una risoluzione positiva.
Nel mezzo c’è un cinema senza sconti, un’introduzione d’opera d’arte, personaggi quasi tutti da eliminare (qui la costruzione è un po’ artificiosa, ma anche glacialmente da prendere (o lasciare) così com’è), tra una  madre (Charlotte Rampling) contro il matrimonio, un padre tutt’altro che integerrimo (John Hurt) ed un datore di lavoro (Stellan Skarsgard) che non si fa scrupoli di fare giochetti spietati anche nel giorno in cui questo non è per nulla consono.
Per una volta sembra Charlotte Gainsborg (Claire, la sorella si Justine), quella a posto con tutto, ma poi arriva la seconda parte e lei è di nuovo chiamata alla sofferenza (e pensare che Charlotte sarà ancora con Von Trier in “Nymphomaniac”, masochista assoluta), con la catastrofe che si avvicina e si allontana continuamente con le sicurezze che si fanno più volte deboli e forti scardinando i dogmi della vita stessa.
Un cinema tostissimo con riferimenti forti e nessuna paura del giudizio altrui, un finale nel quale gli effetti speciali sono solo solamente congrui allo stato di fatto delle cose, un prefinale che si sa costruire con la giusta mestezza (vedasi la scelta del rassicurante marito John, a dir poco glaciale), così la seconda parte si fa terribilmente solida (la prima è più discutibile solo perché alterna troppe cose, ma sul messaggio di base è assolutamente funzionale) ed il resto va iscritto nel libro dei tempi.
Apocalittico sotto tutti i punti di vista, comunque il peggio siamo noi (e su questo c’è poco da obiettare).

Su Lars von Trier

Autore in senso assoluto.
Criticabile, anche detestabile, ma nessuno si spinge così in là come lui, nel bene e nel male.

Su Kirsten Dunst

Intepretazione suntuosa, sia nella prima parte che nella seconda, fra loro molto diverse (il che aumenta i suoi meriti per l'abnegazione alla causa).
Si presta totalmente al suo autore che la plasma a suo piacimento, ma lei fa tutto ciò che deve con coraggio e volontà.

Su Charlotte Gainsbourg

Nella prima parte sembra per una volta tranquilla, la più tranquilla del plotone, ma ancora una volta ha in seguito il modo di soffrire con/per il suo autore.
Tra loro ci deve essere un rapporto speciale (Charlotte lavorerà ancora con Trier nel suo prossimo film che pare sia ancora più estremo, quasi un porno), lei ha una tempra da vera e propria diva della distruzione psicofisica.
Bravissima.

Su Kiefer Sutherland

Il suo personaggio ha un'evoluzione importante (direi anche agghiacciante).
Lui è piuttosto bravo a seguirla.

Su Charlotte Rampling

Statuaria ed algida, il suo personaggio non è risolto, ma questo non è richiesto.
All'altezza.

Su John Hurt

Stronzo più dell'alieno che in altri tempi (e film) lo ha perforato.

Su Alexander Skarsgård

Ordinato e succube.

Su Stellan Skarsgård

Malefico con stile.
il suo personaggio rappresenta la Terra (e la finanza) che merita di essere spazzata via.

Su Udo Kier

Ruolo marginale, ben fatto.
Accorto.

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