Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Mondi femminili che collidono, si scontrano e si distruggono. Due sorelle, due pianeti diversi, uno nell’orbita dell’altro. Attrazione e repulsione. “Alcune volte ti odio con tutta me stessa” dice Claire a Justine. Lars Von Trier, come suo solito, cammina sulla sottile linea che divide la provocazione dall’aperta presa per il culo del pubblico. In questo caso, forse, si spinge più nel secondo territorio, fregandosene della coerenza narrativa, della psicologia dei propri personaggi, dividendo in due parti nette la storia raccontata, due blocchi distinti e separati. Nel primo si entra in un’atmosfera cerimoniale alto-borghese, con i suoi rituali del cazzo, come li definisce la madre di Justine, che attacca anche le convenzioni di classe della sua famiglia e dove in maniera inesorabile, il regista danese, disintegra l’illusione del matrimonio e dell’amore coniugale. Nel secondo è lo scontro tra pianeti e tra sorelle a sciogliere anche i legami di sangue, ognuno è solo, alla fine, davanti alla morte.
Von Trier si immerge nell’universo femminile e ne ricerca, come nel precedente Antichrist, le paure più ancestrali ed ignote, questo universo sembra governato da forze irrazionali, incomprensibili all’uomo, che non riescono più a trasformarsi, grazie all’amore e al sacrificio, in qualcosa di diverso e portano all’annullamento e all’autodistruzione.
L’incipit visionario e figurativo, c’è anche un’opera di Brughel che brucia, congela in quadri rallentati l’avvento dell’apocalisse. Cogliere la bellezza un attimo prima che venga spazzata via dal caos (o dall’ordine?) dei movimenti cosmici. In questa ottica la nostra esistenza si riduce a ben poco, una ridicola messinscena, una solitaria attesa di una fine già da tempo annunciata.
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