Regia di Kira Muratova vedi scheda film
Aljona e Nikita sono due bambini in cerca del padre: gli hanno detto che lavora alla stazione di Mosca, e loro partono da soli per cercarlo. La stazione è una moltitudine incoerente di voci, una galleria di personaggi strani e grotteschi, nel consueto stile della Muratova, regista eccentrica e bizzarra, i cui film sono popolati da figure inquietanti, personaggi che si producono in monologhi inconcludenti e poco comprensibili, caratterizzati da una pronunciata gestualità e da un espressività teatrale tipica del popolo russo.
A volte i suoi film sono difficili da seguire, forse appesantiti dai dialoghi ridondanti, ma in questo la vicenda dei due bambini si lascia seguire volentieri, e il loro sguardo infantile che tende a trasfigurare il mondo, colorandolo di tinte favolistiche e fantasiose, si confronta con l'assurdità delle situazioni e dei personaggi. Davanti a loro c'è un mondo difficile da interpretare e da capire, privo di calore e di comprensione: una storia raccontata con i toni di una favola amara e malinconica, senza illusioni.
Fondamentale l'intensità della recitazione che la regista riesce ad ottenere dai bambini, come hanno saputo fare, per esempio, Gianni Amelio in "Il ladro di bambini" e i registi neorealisti.
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