Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Western di nuova generazione nei controversi '70 dall’invettiva vagamente politica, com'era consuetudine in quegli anni di contestazione, con un grandissimo Jack Nicholson di fronte ad un Brando con la “mente” già a Kurtz... qui poco coerente col genere. Tra loro, una squisita Kathleen Lloyd, se la fa con i grandissimi Dirige Arthur Penn voto 8 ®©™
MISSOURI prevede lo scontro al vertice della classifica, Jack Nicholson contro Marlon Brando, un derby il loro, in una finale di Champions, anzi, al “super-bowl”... nella grande Mecca della Hollywood che fu!
Vincerà Jack (ma solo ai punti – e lo dico giusto per non deludere troppo gli innumerevoli estimatori del tenebroso per antonomasia, Marlon), qui insolitamente più affascinante che diabolicamente seducente, rispetto al solito suo, riuscendo a modulare il proverbiale magnetismo del suo sguardo carismatico ed il caratteristico ghigno beffardo... mentre Brando, come premesso, così caratteristicamente smarrito, mi ha lasciato – non alquanto, ma perlomeno – abbastanza perplesso.
contro...
L’impareggiabile, istrionico Jack Nicholson, che sapevo aver interpretato più di un western, confermò, all’epoca come stanotte al sottoscritto, la sua poliedrica e completa versatilità... senza contare che, come precisato in merito ad Audrey Hepburn nella mia recensione su “Gli inesorabili”, a quell’epoca, il ruolo in un western era un passaggio d’obbligo, un elemento che non poteva mancare nel curriculum di un artista che aspirasse alla fama di “Grande Attore”; anche perché all’epoca del film, il “Western” assunse un valore politico/ideologico del tutto particolare: ne sono “esemplari” esempi opere quali “Soldato Blu”, “Piccolo grande uomo” o, ancor meglio, l’archetipo “Pat Garreth e Billy the Kid”, vero e proprio manifesto della lotta intestina al capitalismo USA, ma pure questo, che ne segue le orme, non è da meno.
Brando, che dal “West” invece, un’indiana se l’era portata anche a casa, sposata... e spedita addirittura a ritirare il suo secondo Oscar... dal canto suo, risulta qui alquanto stravagante: sembra far le prove per l’alienato colonnello Kurtz che verrà... interpretando un eccentrico ed infallibile cacciatore di taglie, Lee Clayton, propriamente ingaggiato da un proprietario terriero, a dar la caccia al “razziatore” Tom Logan, proprio quando costui ha deciso, non di redimersi, ma quantomeno di ritirarsi a vivere onestamente in un ranch, questo sì, acquistato con i proventi, delle razzie alle mandrie di cavalli. Un ruoli sui generis quella del “mito” Brando, nel tipico suo... non nuovo a caratterizzazioni di questo tipo.
Personalmente l’ho trovata troppo calcata per esser contestuale all’opera: eppure risultano deliziosi gli eloquenti duetti con il suo bersaglio Logan, dove Nicholson rende bene l’imbarazzo che la disturbata personalità del personaggio del prezzolato “collega” gli procura, ribattendo a sua volta con la sagace loquacità, tipica del suo personaggio sudista.
Difatti, è nella strategia propria del “Bounty Killer” avvicinare la vittima (ma pure i clienti) in maniere che vanno ben oltre l’anticonformismo, l’eccentricità, rasentando piuttosto se non l’alienazione, col fine di disorientare, metter a disagio, la vittima predestinata, spacciandosi per una sorta di stravagante mentecatto. E il disagio del solitamente impavido, scanzonato Logan ne è la conferma.
innamorati
E infatti, il razziatore Logan, ormai divenuto l’onesto quanto modesto allevatore e contadino, nonché innamorato, Tom... che ora ha un motivo per dare alla vita, spesa per metà in clandestinità... un senso, ed un valore ben più prezioso da perdere... fa di tutto per evitare a tutti i costi, lo scontro con il “regolatore” – così è detto il “cacciatore di taglie” che spara, vigliaccamente, da lontano e alle spalle... ma il duello finale arriverà comunque puntuale.
E guarda un po’ chi si rivede qui?! Allora Randy Quaid, e il complice Harry Dean Stanton, non sono sempre stati due poveri mestieranti, due attori “sfigati”, in ruoli... per dirla con la sfrontatezza tipica del cinema che loro abitano, “da perdenti”. Anche se qui, impegnati come due membri della banda, i compari più fedeli di Logan, perdono eccome... perdono la vita.
Comunque, per i due attori che hanno finito con il concludere immeritatamente e a volte indecentemente) la loro longeva carriera – l’uno nei “teen-movies” americani, tipici dei nostalgici ’80... nelle commedie demenziali dei ’90 l’altro... questo valido “Missouri” rappresenta suppergiù la vetta della loro filmografia.
Si lo so, ci sarà un memorabile “Allien” in quella di “H.D.Stenton”.
Nel cast anche la simpaticissima e vivace Kathleen Lloyd, (nessuna parentela col noto “Doc”, Lloyd, Christopher), che io ricordo per la serie “Magnum P.I.” dov’era un eloquente ed assillante avvocato della procura, beh... qui, con la stessa caratterizzazione, interpreta la figlia del proprietario terriero che si prenderà una bella sbandata per Logan, dolcissimo e loquace, appunto, il suo personaggio.
Bell’inizio di carriera ma che non raggiungerà mai più vette professionali tanto alte.
Ho trovato particolarmente emozionante, sentimentalmente parlando, la scena “romantica” tra la figlia del proprietario e Logan nella quale lei, seduta sulla sella del medesimo cavallo con il suo irriverente ed ironico spasimante, si solleva e si risiede in maniera di trovarsi occhi negl’occhi con l’uomo che si trova spiazzato, oltre che emotivamente, di li a poco, anche sentimentalmente. Deliziosi i due attori nei loro verbosi minuetti amorosi dall’impostazione assai poco magniloquenti, come ci s’imponeva negli anni dell’emancipazione femminile, della contestazione giovanile.
bellissima scena romantica questa
Finale ad alto tasso di malinconia, speso in una serie di bellissime inquadrature: campi medi, lunghi e lunghissimi, in cui i due innamorati si salutano in più tempi, dopo essersi spiegati le ragioni del come mai tra loro non abbia funzionato, e la sequenza del loro addio, in allontanamento... ne conferisce una metafora così eloquente: restiamo amici, nulla più.
Spiace davvero vederli andar via ognuno per la sua strada.
Va beh sottoscrivo anch’io: magistrale regia di Arthur Penn, un po’ maestro in questo genere di western (suo il bellissimo “piccolo grande uomo” e pure “la caccia” sempre con Brando del quale sembra proprio piuttosto esperto in “Brando-regie/manie”. Ho apprezzato l’uso delle luci: nelle scene d’interno è bassa e quindi realistica come era consuetudine ai tempi, ma pure crepuscolare, conferendo all’inquadratura un impronta alla Kubrick maniera “Barry Lindon”.
Western all’epoca della contestazione, dall’invettiva vagamente politica come consuetudine in quegli anni, con un grandissimo Jack Nicholson anteposto a un Brando con la “mente” già a Kurtz...
tra loro, un’effervescente Kathleen Lloyd se la fa con i grandissimi
voto 8
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...sarebbe stato uno strepitoso "Geronimo"... Brando
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