Regia di Francesco Patierno vedi scheda film
Non c'è verso: la commedia italiana non ce la fa proprio a uscire dai più vieti stereotipi. Sia che parli di politica (Qualunquemente), di scuola (Genitori & figli; Immaturi), di lavoro (Senza arte né parte; Generazione mille euro; C'è chi dice no), essa sembra voler ricalcare a forza gli stilemi della semplificazione a beneficio del pubblico televisivo, inzeppata com'è di macchiette e cliché. Non fa eccezione questo terzo film di Francesco Patierno, regista in cerca di identità che cambia registro ad ogni occasione, e che qui traduce su pellicola uno spunto di Sergio Arau (Un giorno senza messicani). La storia è quella di un imprenditore veneto fieramente razzista (Abatantuono), che usa una tv privata per le sue giaculatorie contro gli immigrati, invocando la loro sparizione dal territorio. Il giorno in cui ciò accade davvero la cittadina (il film è girato tra Bassano del Grappa e Treviso), e con essa il resto d'Italia, va in panne: non si trovano più badanti né operai, le pompe di benzina diventano oggetto di sciacallaggio e le carceri si svuotano.
Lo spunto fantapolitico non basta a colmare un vuoto di idee e la ridda di banalità che ne segue. Battute fiacche, plot narrativo arrancante, attori al minimo sindacale, con la solita eccezione di un Mastandrea che sovrasta tutti e Abatantuono che sembra non aver capito che il set dove lavora non è quello dei Vanzina.
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