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Boris. Il film

Regia di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo vedi scheda film

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La recensione su Boris. Il film

di ROTOTOM
8 stelle

La scalcagnata combriccola della soap televisiva “Gli occhi del cuore” approda al cinema. Renè Ferretti regista sull’orlo di una crisi di nervi, desidera fortemente il cinema impegnato per elevarsi al di sopra delle flautolenze dei cinepanettoni ma l’impegno civile si scontra con le difficoltà del gestire un set di primedonne isteriche, direttori di fotografia monumenti di boria, attrici cagne e produttori rettili.
E’ bellissimo, Boris-il film, tratto dall’omonima serie televisiva di culto, adunanza di sette di asceti adoranti migrati sulle reti satellitari ove l’ironia acida e lo sberleffo godono di una libertà sconosciuta altrove. Il rischio paventato da molti era delle aspettative deluse ma il film regge splendidamente anche senza il supporto televisivo dal quale è figliato. Regge la durata, quasi due ore; regge la comicità sulfurea del cinema che si denuda di fronte ai propri schizofrenici equilibri; regge l’ironia del metacinema come strumento narrativo del mea culpa, una confessione senza assoluzione, solo la dissacrante canonizzazione di un folle mondo sconosciuto: tutto il caos che sta dietro alla macchina da presa.
Boris non è un film di macchiette ma una rappresentazione del mondo che governa la macchina dei sogni, il meccanismo che produce incanto sacrificando l’innocenza a sconcezze paradossali. Il linguaggio cinematografico così viene completamente smontato e mostrato nella sua cruda verità. Quello che ricomposto nel sudario bianco del telo della proiezione ammalia milioni di spettatori ignari, in realtà è un frankenstein, risultato dei pezzi di psiche cuciti tra loro al quale si dà corrente sperando si muova.
Tutto in salsa di commedia, sembra quasi un backstage di un backstage, esilarante, scorretto ed epico. Perché l’avventura produttiva di un film è un viaggio verso  lidi sconosciuti durante il quale si incontrano le creature più bizzarre. Ecco quindi il produttore maneggione, la superattrice introspettiva e nevrotica Marilita Loy che per assonanza è molto facile affiancare a una delle più note e ansiogene attrici italiane, gli sceneggiatori tanto elitari quanto parassiti (uno dei momenti più divertenti)  e così via nel mostrare i mostri dalla faccia buona. Renè Ferretti è un ottimo Francesco Pannofino – attore e doppiatore di George Clooney - , il feticcio che ancora conserva un po’ di dignità e amor proprio ed entrando in contatto con i personaggi del film ne palesa le brutture. 
Il passaggio dalla televisione al cinema non è un passo facile, “non se ne esce” dice Renè all’amico produttore e forse ha ragione, infatti al cinema lo scrivente era da solo in sala. Lo stesso film fa fatica ad uscire dall’ambito televisivo, dove l’elite di spettatori (con)senzienti sapevano attribuire ad ogni follia il corrispettivo valore nell’ambito reale. Questo film, nascosta la frustrazione – evidente -  sotto la maschera comica, ha delle finezze di scrittura e di regia troppo elevate per lo standard  dell’utente televisivo medio, quello che affolla i cinepanettoni per ridere a crepapelle di peti esotici e tette al vento senza nessuna ragione (o meglio, la ragione c’è, come spiega alla fine lo specialista di cinepanettoni), film di bassissimo valore che formano la stragrande maggioranza della commedia italiana contemporanea e che in Boris vengono magistralmente ritrattati in chiave parodistica. Bisogna amare il cinema e saperne un po’ per apprezzare il film nella sua completezza.
Boris è uno straordinario esercizio di metacinema i cui set si rincorrono moltiplicando la finzione per far apparire qualcosa di estremamente vero. Soprattutto è fresco, esilarante, molto intelligente e italiano al 100%. Nessun format, nessun remake, nessun ritrito rigenerare pagliacci televisivi. Gli attori, Antonio Catania, Carolina Crescentini, Caterina Guzzanti e Paolo Calabresi tutti ottimi caratteristi.  Musica di  Elio e le Storie Tese.  Boris oggi è l’unica commedia credibile, quella che riprende se stessa fare a pezzi con scientifica determinazione il comune senso del ridicolo abbassandolo a rito di gruppo autoassolvente. Ad un certo punto ci si trova di fronte a una platea di spettatori di un cinema che trasmette il solito cinepanettone, ripresi mentre si contorcono in risate spasmodiche e ci si sorprende a ridere nei loro confronti. Il risultato è che ognuno ride dell’altro senza sapere in effetti chi abbia ragione.  Forse il cinepanettone siamo noi.

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