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Womb

Regia di Benedek Fliegauf vedi scheda film

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La recensione su Womb

di ROTOTOM
4 stelle

 

La fantascienza filosofica ha ritrovato il suo antico smalto negli ultimi anni rielaborando in chiave etica e morale le contraddizioni generate dalle possibilità eugenetiche della manipolazione genetica. Moon di Duncan Jones ha aperto la nuova strada all’elaborazione di un altro fuori da sé . Lo sdoppiamento fisico al quale si attribuisce una medesima risposta psicologica viene smentito dalle pellicole che ribadiscono il concetto di unicità dell’essere umano anche in condizione di copia/incolla genetico, in quanto le esperienze che generano le emozioni e i sentimenti  non aderiscono ad uno schema replicabile ma sono frutto di una personale, impercettibile variazione di sensibilità nei confronti del mondo esterno. Così come nel distopico Non lasciarmi i bambini venivano clonati per fornire pezzi di ricambio alla borghesia che tendeva all’autoconservazione, in Womb si assiste alla medesima brama di immortalità, psicologica in questo caso. La conservazione dell’amore grazie alla genetica, una seconda chance ad un disegno di vita che include per forza di cose quell’essere umano rinchiuso in una percezione ossessiva dell’amore che esclude la rielaborazione del lutto o del dolore in senso lato. La filosofia che regola l’essere vivente viene completamente estromessa dalla manipolazione genetica, l’astrazione intellettuale della comprensibilità della vita viene soppiantata dalla materiale costruzione dell’essere umano in piena sostituzione al disegno divino della creazione, qualcosa che era dentro l’uomo come condizione essenziale dell’umanità ora viene estratta e mercificata. Trilobiti spiaggiati e mammuth rigenerati formano il demente quadro creazionista che sta alla base della sospensione dell’incredulità di Womb. 

I film sono stati girati contemporaneamente e curiosamente mostrano similitudini narrative ed estetiche benchè il film di Romanek , Non lasciarmi, sia vicino per intensità e scrittura, al capolavoro.

Womb diretto da Benedek Fliegauf e in arrivo sui nostri schermi dal 6 luglio è la deriva di una donna ( Eva Green) che perde il fidanzato in un incidente e decide di clonarlo impiantandolo nel proprio ventre come un figlio fino a crescerlo per poi riamarlo di nuovo non come figlio ma come compagno. Gelido ma non trattenuto, il film non riesce  a farsi emotivamente profondo per una messa in scena un po’ ricattatoria, nonostante il tema delicatissimo di una società accondiscendente ad abomini di questo tipo ed al di là di qualsiasi deriva psicotica, è l’impatto visivo che non accompagna lo spettatore nella discesa verso l’abisso della protagonista. Gira a vuoto su se stesso soprattutto per il ruolo del fidanzato/figlio interpretato da Matt Smith privo del  physique du rôle necessario per scatenare un credibile stravolgimento nel rapporto madre/figlio/amante. Soprattutto quando questa donna è Eva Green. In questo caso la sospensione narrativa sembra più provocata da una carenza di idee in sede di sceneggiatura che non riesce a sviluppare un soggetto di per sé buono e storicamente in orario con le istanze eugenetiche che la realtà scientifica ratifica con sempre maggiore frequenza.

Ci si annoia, questo è il punto e molto spesso ci si sgancia dal film per sviluppi psicologici non sempre centrati. C’è  il mare che sottintende al liquido amniotico, metafora facile e presto rimossa. L’emotività cerca la poesia nella fotografia gelida ma disattende ogni premessa con un’idea di cinema un po’ troppo superficiale. Il complesso di Edipo è sbandierato senza approfondimento ma la ricerca di una assoluzione per il rapporto incestuoso è il punto di fuga che il regista insegue per l’intero film, come se fosse un’enorme premessa. Alla fine si rimane esattamente così come si era all’inizio del film, e questo è il difetto peggiore di un film che del tema difficile faceva il proprio cavallo di battaglia.  

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