Regia di Wes Craven vedi scheda film
Iniziavo la recensione del deludente "The ward" esprimendo tutto il mio malumore e il mio sconforto per aver riscontrato come il Maestro John Carpenter avesse realizzato un'opera al di sotto delle mie aspettative. Ebbene, cosa dovrei dire adesso, a poche ore dalla visione dell'ultimo prodotto di un altro grande Maestro come Wes Craven? Non che il film sia inguardabile, no, la confezione è tutto sommato curata, ma l'ombra di ciò che Craven è stato qui è pressochè del tutto assente. In quell'altra recensione cui sopra accennavo, mi soffermavo a specificare che, rispetto a Carpenter, ho sempre leggermente favorito Craven nelle mie valutazioni comparative. E dunque la delusione per "Scream 4" appare ancor più cocente. Ad onor del vero, devo riportare che la pellicola di Carpenter oltre ad essere stata un mezzo flop ha anche incassato un'accoglienza critica molto tiepida, a fronte invece di un atteggiamento per lo più positivo riservato dalla critica a questo "Scream 4", che peraltro sta funzionando egregiamente anche al botteghino. Insomma, pare che Carpenter (almeno qui in Italia) abbia toppato, mentre l'ultimo Craven sembra nato sotto una buona stella. Se vogliamo, questo è anche spiegabile in termini "commerciali". "The ward" è un film piuttosto "integro", coerente, rigoroso, privo di furbizie, legato a degli stilemi classici ma scevro da ammiccamenti o scorciatoie e, proprio per tutti questi elementi, non esattamente appetibile per il pubblico delle multisale. "Scream 4", al contrario, si propone come prodotto che punta primariamente ad un pubblico adolescente e infatti racchiude quegli elementi che ne fanno un perfetto "popcorn horror movie". Tanto "The ward" era scarno ed essenziale, così "Scream 4" è invece ricco di snodi e di personaggi, di svolte e di sottotrame, ci sono addirittura tanti film incastrati dentro altrettanti altri film, fino quasi a disorientare lo spettatore, e perfino il finale si svela in realtà un pre-finale. Insomma, non che sia un'opera complessa ma, in certa misura, richiede un minimo d'attenzione per non confondersi tra i concatenamenti esistenti fra i vari personaggi. Dunque una trama articolata. Peccato che essa racchiuda gli archetipi più desolantemente prevedibili e scontati di un vecchio modo di proporre certo cinema horror. Se io dico le parole "nerd" e "college" ho già sintetizzato tutto lo spirito (obsoleto) che pervade lo sfondo di questo teatrino sfiatato. Oggi che il cinema horror si apre a nuovi scenari (dal western al dopobomba) ancora stiamo qui a raccontarcela con le cliniche dell'orrore (Carpenter) e con i cazzo di studentelli scemotti repressi sessuali col poster dei Ramones in cameretta e con vocabolari di 12 parole (Craven). Sono perfettamente consapevole che lo scenario appena delineato fa parte di tutto un immaginario legato a filo doppio ad una cultura giovanile consolidata sul piano cinematografico e "fumettaro". Tuttavia credo sia legittimo aspettarsi da chi fa cinema anche uno sguardo un pò più "aperto" sull'oggi. E sotto questo aspetto temo che sia Carpenter che Craven siano autori ormai obsoleti. Senza alcuna intenzione di emettere giudizi definitivi, mi limito semplicemente a supporre che essi non riescano più ad interpretare il mondo "là fuori", preferendo rinnovare una loro (superata) visione delle dinamiche complesse che accompagnano oggi i pensieri e le scelte degli uomini. A questo punto, senza alcun rancore, io mi sento di gettare la spugna, e di abbandonare questi due valorosi cineasti ai loro "piccoli mondi antichi", per dedicarmi a chi, sul terreno dell'horror, offre garanzie di maggior ricettività e dinamismo. E mi riferisco da una parte alle nuove (brillantissime) leve dell'horror francese, ma anche ad autori americani magari non tutti giovanissimi ma comunque brillanti e dinamici, da Tarantino a Rodriguez, da Eli Roth a Rob Zombie. Certo, se uno ama ritrovare sempre gli stessi rassicuranti elementi, si accomodi, che con "Scream 4" è servito. Omicidi al college, studenti coglioni che ammiccano, ragazzotte tettute che starnazzano e sculettano, pugnali che si levano nel buio e il solito sceriffo spaventapasseri. Uffa. Io vagheggio un cinema horror che possa respirare l'inquietudine dell'Oggi, senza timore di cimentarsi in rappresentazioni metaforiche della stagione di violenza e di crisi di valori che distingue l'Uomo del nuovo Millennio. Ecco, ci sono appena cascato anch'io, nella retorica...e posso solo aggiungere che non è che io voglio contrapporre ad un mondo horror artigianale un altro horror sofisticato o intellettuale, ma mi sento (questo sì) di poter pretendere un cinema di genere che "punti in alto" a livello concettuale ("Martyrs"), oppure che, in ogni caso, se anche sceglie di percorrere cammini classici e conclamati, almeno lo faccia con spavalda ironia e rovesciando follemente ruoli e stili (Rob Zombie). E scendendo sul pratico, scusate, ma come posso tollerare che il Prof. Craven (ha per qualche tempo davvero insegnato filosofia), uno che ha realizzato pellicole indimenticabili come "Il serpente e l'arcobaleno" o "Le colline hanno gli occhi", oggi solletichi gli ombelichi ai pischelli con modestissimi popcorn movie? Piccola parentesi per una delle poche cose simpatiche di questo film, vale a dire il giochino delle citazioni di titoli horror celebri, anche se in tale ridicolo contesto la trovata rischia di apparire sprecata e poco valorizzata. Però una cosa va riconosciuta a Craven: l'avere evocato con giusto risalto quel gioiello di film che fu "Shaun of the dead" di Edgar Wright, di cui appaiono alcune gustose sequenze (a proposito: la fantastica coppia Simon Pegg & Nick Frost sta per tornare nelle sale con "Paul"!). La vicenda è saputa e risaputa. Non vale nemmeno la pena ripercorrerla. E il cast? Beh, pur trattandosi di attori già visti in vari telefilm o altri filmetti per teen agers, io li ho trovati tutti quanti imbarazzanti. Anche le celebrità, come Neve Campbell, la quale sarà bravissima nei serial tv sentimentali americani, ma qua sembra mia zia. Poi cisono le "piccole celebrità" come Hayden Panettiere col suo portamento da shampista, che infatti sembra sempre sia reduce da una messa in piega fatta a qualche signora. David Arquette è Linus, che fa la solita parodia di uno sceriffo che fa la parodia di uno sceriffo. Poi c'è Rory Culkin che, amichevolmente, lo prenderei a randellate per la sua inutilità. E, ancora, Courteney Cox: non l'ho mai sopportata e quando fa le occhiatacce (praticamente ormai non fa altro) mi fa quasi senso. E infine la compagnia delle ochette giulive che se le conosce Lele Mora diventa matto: su tutte la nuova "stellina" Emma Roberts (quella che alla fine dà le testate contro il muro, pensa te), che nella sua postura da santarellina perversa, sembra uscita da una puntata in acido di "Amici". Ho esagerato? Può essere. Ma poi, chi se ne frega? Passiamo ad altro, va.
Voto: 4
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