Regia di Wes Craven vedi scheda film
Fin dal folgorante e geniale incipit, capiamo di trovarci di fronte ad un film iperstratificato in cui l’universo metacinematografico anticipato nel primo capitolo, e sviluppato nei sequel della prima trilogia, comincia a vivere di vita propria, generando inquietanti e perversi parallelismi. Pienamente azzeccato è ancora una volta il movente dell’assassino, più che mai attuale e che ancora una volta fotografa il malessere delle nuove generazioni. Lo spettatore ne viene a conoscenza prima rispetto al “solito”, in un semi-finale anticipato di billyloomisiana memoria che questa volta non determina la fine dei giochi ma fa slittare la conclusione, posticipandola in una sorta di “finale alternativo”.
Variando la struttura narrativa della serie originale, probabilmente preoccupati da un’eccessiva ripetizione di ambienti e situazioni, Craven e Williamson guadagnano in originalità e introducono variazioni sul tema che permettono loro di spingersi oltre sul versante della critica. Così facendo, tuttavia, perdono una costruzione che, seppur lineare, appariva perfetta e trascinante nei primi tre film. Sebbene questa scelta sia ampiamente giustificata dalla critica al contesto mediatico che ci circonda e che giunge fino ad inglobarci, di primo acchito può balenare il dubbio che in fondo sia solo un modo per autoassolvere i propri peccati creativi. Tuttavia, dopo un’attenta riflessione, il dubbio si dipana e il giudizio su Scream 4 non può che essere positivo. In attesa dei successivi capitoli della seconda trilogia…
Tutti i personaggi si ritrovano coinvolti nella consueta scia di sangue e orrore che caratterizza i film della serie, in quello che può essere definito il sequel più teorico e cinefilo tra quelli fin ora realizzati: Scream 4 cita saghe concorrenti (Saw), remake a profusione (Halloween, Le colline hanno gli occhi, L’ultima casa a sinistra) e omaggia L’alba dei morti dementi e L’occhio che uccide di Michael Powell.
Se nel primo capitolo, al centro della lezione di cinema impartita da Craven troviamo le regole del genere horror, seguite da quelle dei sequel in Scream 2 e quelle relative alle trilogie nel terzo capitolo, in Scream 4 è la moda dilagante dei remake e dei reboot (non solo nel genere horror) ad essere presa di mira e a fornire forma e sostanza al discorso sul genere. Film ibrido che è in sé sequel e remake allo stesso tempo, Scream 4 si ricollega al primo film della serie più di quanto abbiano fatto gli altri due che l’hanno preceduto, infarcendo però il discorso sul genere e sulla percezione tipico del capostipite con un tasso di ironia altamente superiore a quello che caratterizzava i due sequel precedenti. Questo non è necessariamente un elemento negativo del film. Il già citato L’alba dei morti dementi dimostra come la risata e l’ironia non siano ad esclusivo appannaggio della commedia ma possano fornire la nervatura di un horror (anche e forse soprattutto nella sua variante splatter), tanto più se tale intenzione è dichiarata fin dall’inizio; nel caso della saga in questione, poi, l’ironia come strumento critico risulta palese fin dai primi fotogrammi del capostipite.
Uno degli elementi di maggior interesse di questo nuovo capitolo è innegabilmente il ritorno sulla scena dei personaggi principali della saga che hanno accompagnato lo spettatore nel corso della prima trilogia. Sidney, Gale e Linus costituiscono la struttura portante della storia e per i fan dei primi tre film (come chi scrive) è sicuramente fondamentale ritrovarli coinvolti nella nuova carneficina. Accanto a loro fa comunque il suo debutto una nuova generazione di ragazzi, introdotta per “acchiappare” una potenziale nuova generazione di fan, a cui prestano il volto giovani attori emergenti come Emma Roberts, Hayden Panettiere, Nico Tortorella e Rory Culkin, oltre ai cammei che hanno reso celebre la saga, vera e propria parata di stelle e stelline prese in prestito dai serial televisivi: Shenae Grimes (90210), Anna Paquin (True Blood) e Kristen Bell (Heroes), solo per citarne alcune.
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