Regia di Phyllida Lloyd vedi scheda film
Giudicando un film, bisogna sempre misurare la distanza tra il soggetto e lo svolgimento del film stesso. A maggior ragione, prendere le distanze dalla materia trattata dovrebbe essere il compito di chi si accinge a farlo, il film. Proprio questo mi sembra il maggior difetto di The Iron Lady, biografia politica di Margareth Thatcher, nata Roberts. La sceneggiatura in odor di agiografia tralascia qualche particolare importante dell'opera della signora di ferro, come quando, nel mettere in evidenza l'attaccamento esagerato (e poco ricambiato) per il figlio Mark, tralascia le bravate di quest'ultimo, che non di rado avevano messo in imbarazzo il primo ministro (nel gennaio 1982, pochi mesi prima dello scoppio della guerra delle Falklands, si perse nel deserto algerino durante la partecipazione alla Parigi - Dakar). Allo stesso modo, il copione tratteggia con eccessiva velocità - se non le evidenzia per esaltare il decisionismo della donna di governo - le politiche ultraliberiste messe in atto dal governo presieduto dalla Thatcher, come la chiusura delle miniere di carbone del Galles o la follia della "poll tax".
All'attivo del film restano, secondo me, la descrizione della figura del marito Denis, giusto e ironico contraltare di tanta moglie, figura gentile in un mondo dominato dal calcolo politico (personaggio speculare e opposto allo squallido cialtrone del principe consorte della regina Elisabetta, visto nel The Queen di Frears) e la mostruosa interpretazione mimetica di Meryl Streep, capace di far rivivere la signora in questione anche mediante l'estroflessione dei suoi dentini da sanguisuga.
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