Regia di Phyllida Lloyd vedi scheda film
"Ci terremo in piedi sui principi o non staremo in piedi affatto!"
Quello sulla Thatcher è un biopic che presto o tardi si doveva fare. Portare la lady di ferro sullo schermo è toccato a Phyllida Lloyd che prima di questo aveva diretto l'inguardabile "Mamma mia". Un bel passo avanti, non c'è che dire. Sì, perché nonostante innumerevoli punti deboli, questo film funziona ed offre un ritratto sufficientemente significativo di un personaggio chiave della storia contemporanea. Un excursus a ritroso, un'ellisse narrativa che inizia e finisce nella senilità ma che ha nel suo "corpo" la storia di una vita piena e straordinaria. Le umili origini, l'anima gemella, l'ascesa nel partito conservatore, quel suo costante ed irrinunciabile bisogno di distinguersi dalla massa come ben sottolineato dalle continue carrellate che rivelano un mondo femminile all'interno di un club - quello del potere - prettamente maschile. L'elezione a primo ministro, l' IRA, le Falkland, la guerra fredda e la minaccia dell'euro. Tutto ben sintetizzato, tutto puntualmente contrapposto ad una sfera più intima e familiare atta ad immortalare la donna, la madre, la moglie e non solo l'inflessibile personaggio politico. Non è un caso infatti che il declino abbia inizio con la morte del marito - uno strepitoso Jim Broadbent in versione grillo parlante evanescente - e non è un caso che sempre lì, nella sfera privata, risiedano i difetti più vistosi dell'opera. Quel voler ridimensionare il personaggio a tutti i costi ("Non può uscire da sola!" Eppure guidava un'intera nazione), i corsi e ricorsi storici ("Mai cedere ai terroristi!" mentre la televisione non fa altro che parlare dei talebani), le allucinazioni, la mente altrove. Il sensazionalismo è al limite dello stucchevole ma la struttura non lineare aiuta a sopportare le ingenuità empatiche ed ecco che il montaggio ci riporta ancora una volta indietro nel tempo. Lontani da una solitudine forzata. Molto bene il comparto tecnico nel quale spicca l'efficacia di trucco e costumi. Per Meryl Streep è il momento del terzo Oscar ed è meritato come non mai. La sua è una metamorfosi meticolosa, una trasformazione degna di un camaleonte alla quale l'attrice offre una varietà incontenibile di sfumature drammatiche. Guardatela dopo la sfuriata ad uno dei suoi più fidati collaboratori. Trenta secondi di silenzio e la chiave per capire l'intero personaggio in un graduale cambio d'espressione. Impareggiabile.
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