Regia di Alan Parker vedi scheda film
Il tempo può essere davvero galantuomo.
È il caso di questa pellicola, definita all’epoca come un’opera prevedibile, con ottime prove attoriali ma priva però di vero pathos, eccessivamente prolissa e lamentosa (!) e senza quel quid che avrebbe potuto elevarlo a qualcosa di più riuscito e importante.
In pratica un capolavoro mancato.
Niente di più sbagliato.
Perché Mississippi Burning nel corso degli anni è divenuto invece simbolo di una situazione problematica che periodicamente si ripresenta in tutta la sua gravità in quasi ogni area geografica degli Stati Uniti d’America, non soltanto quindi per il valoro del cast o della regia ma proprio per i suoi contenuti, esplosivi all’ora come oggi.
“In quale Stato bisogna spostare le lancette di un secolo? Nel Mississippi”
Tratto infatti, seppur molto romanzata, da una storia realmente accaduta, il film racconta le indagini che seguirono alla scomparsa, trasformatasi poi in assassinio, di tre giovani attivisti (di cui uno di colore) per i diritti sociali dei neri avvenuta nei dintorni di Jessup, una piccola cittadina a poche miglia da Memphis, in Mississippi, nel 1964.
Gli agenti dell'Fbi Anderson e Ward vengono incaricati direttamente dal Direttore dell’FBI J. Edgar Hoover di investigare sulla loro scomparsa.
Nel corso delle indagini, tuttavia, devono fare i conti con la polizia locale, responsabile dell'accaduto e legata segretamente al Ku Klux Klan. Ci vollero 44 giorni per ritrovare i corpi martoriati dei tre ragazzi ma la loro morte, e lo scandalo che ne seguì, contribuì all’approvazione l’anno successivo del Civil Rights Act e del Voting Rights Act.
"Se non sei migliore di un negro, allora di chi lo sei?"
Prodotto da Frederick Zollo & Robert F. Colesberry per la Orion Pictures, Mississippi Burning riporta lo stesso nome in codice dell’investigazione del Bureau per una sceneggiatura realizzata inizialmente da Chris Gerolmo ma poi riscritta, quasi completamente, dallo stesso regista Alan Parker, e presenta una confezione impeccabile grazie soprattutto alla fotografia di Peter Biziou (premiata poi con l’Oscar) e le musiche di Trevor Jones mentre la tenuta drammaturgica , quasi da manuale, dell’opera va a merito del montatore Gerry Hambling.
Per ottenere tale scopo Parker adatta il proprio stile al così detto cinema-verità, non soltanto ricostruendone la vicenda, quindi, ma mischiando la realtà con la finzione e facendo interagire personaggi fittizi ma ispirate a persone realmente esistite, e intervallando la storia “vera” con finti inserti giornalistici, reportage e/o inserti giornalistici fittizi a sottolineare ulteriormente l’arretratezza culturale di quel periodo e di quella regione dell'America rurale.
Uno sviluppo che non ammette alcuna retorica su quanto successo ma che, per certi versi, cerca almeno di trovare, per quanto discutibile, una motivazione (ma non una giustificazione) per una simile follia.
“A scuola ti dicono che la segregazione è quello che dice la Bibbia. Genesi 9, versetto 27. Quando arrivi a sei anni, te l’hanno detto tante volte che arrivi a crederci. Credi nell’odio. Lo vivi. Lo respiri. Lo sposi, persino.”
Genesi (9 – versetti 24/27): "Quando Noè si fu risvegliato dall'ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: “Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli! Benedetto il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet e questi dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!”.
Si tratta dell’opera più esplicitamente politica dello scomparso Alan Parker, autore che ha spesso inserito evidenti sottotesti sociali e/o politici in opere solo apparentemente spettacolari ed emotive (vedasi ad esempio Fuga di mezzanotte) e in quanto tale Mississippi Burning ha il coraggio di prendere posizione, di distinguere nettamente tra bene e male e tra chi ha ragione e chi torto senza nessuna sfumatura, ed è probabilmente da questo che si levarono insensate accuse di manicheismo o di superficialità.
Per quanto il nocciolo della pellicola sia la denuncia dell’odio razziale, buona parte della critica americana non ne ha particolarmente apprezzato l’enfasi sulla violenza, niente affatto edulcorata, e la tensione sordida del thrilling ma anche la stessa comunità afroamericana è stata molto critica rispetto a come è stata ritratta, rimproverandone una descrizione fin troppo passiva e incapace di reagire senza l’aiuto dei soliti bianchi “progressisti”, come anche dell’assenza in ruoli da protagonisti di personaggi di colore mentre gli stessi parenti delle vittime hanno parlato di strumentalizzazione nel rendere eroi gli agenti (bianchi) dell’FBI ma non i neri.
Protagonisti della pellicola l’ottimo Gene Hackman nei panni del rude agente dell’Fbi Rupert Andersson (in realtà il vero nome era John Proctor), originario proprio di quelle zone e quindi ben consapevole a cosa stava andando incontro, e Willem Dafoe a interpretare il volitivo e “kennediano” Alan Ward (che nella realtà si chiamava Joseph Aloysius Sullivan), e se Hackman giganteggia nel ridefinire da par suo il concretissimo agente federale del profondo sud Dafoe gli concede lo spazio dovuto tratteggiando un personaggio che quasi “respira” il suo stesso idealismo, ma poco incline a scendere a patti con la realtà.
A poche incollature di distanza li segue il personaggio “chiave” di Frances McDormand, la moglie del vicesceriffo Pelle che risulterà determinante non solo nell’indagine ma anche come bussola morale della vicenda, e che con una performance sublime si consacrò all’epoca grandissima attrice mentre il resto del cast sublima l’epicità della vicenda grazie alle “facce giuste" per ogni ruolo, dal mellifluo Brad Dourif al picchiatore Michael Rooker continuando poi con il sindaco R. Lee Ermey e con Stephen Tobolowsky, leader regionale del KKK, e quindi Tobin Bell, Kevin Dunn, Darius McCrary, Pruitt Taylor Vince, Frankie Faison, Badja Djola e Mark Jeffrey Miller.
Alla notte degli Oscar del 1989 Mississippi Burning arrivò con ben sette nominations vincendo solamente quella per la miglior fotografia ma meritavano maggior fortuna anche quella come miglior attrice non protagonista a Frances McDormand, come miglior regia ad Alan Parker e come miglior attore protagonista Gene Hackman.
"L'odio non è qualcosa con cui si nasce, ti viene insegnato"
VOTO: 8
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