Regia di Walter Hill vedi scheda film
Piccolo cult per musicisti e appassionati, messo in ombra da un Karate Kid con cui ha poco da spartire se non il volto eternamente bambino di Ralph Macchio.
Distante una sessantina d'anni dall'epoca di riferimento, Walter Hill piazza questo Crossroads nel 1986, quasi al limite d'efficacia temporale, un revival del mood Delta-blues degli anni ruggenti. Ricordato, poco e male, dal pubblico italiano per il titolo tradotto e una copertina agghiaccianti a pari merito (va meglio con gli originali), oltre che per il ragazzo che metteva la cera, tale Ralph Macchio. In realtà l'unica formula che si ripete è un'interpretazione eccellente dell'anziano - e per l’epoca esotico, va detto con un misto di romanticismo e pelle d'oca - mentore. Dove fu Pat Morita, ora un Joe Seneca in grande spolvero interpreta Willie "Blind Dog Fulton" Brown, harp-blower del Mississipi, compagno di scorribande di un certo Robert Johnson. Leggenda vuole che entrambi abbiano venduto l'anima al diavolo in cambio del "chilometraggio" giusto per suonare il blues e sbancare, far venire giù il tetto ai cosiddetti Juke Joints, bar improvvisati per soli neri che popolavano le paludi del Sud di quegli anni. Finito, ormai vecchio, in una casa di riposo a New York, avrà l'occasione di ritornare anima e corpo in quelle terre grazie all'incontro con Eugene Martone (Macchio), giovane prodigio della chitarra sulle tracce del pezzo mancante dalle incisioni di Robert Johnson.
Strana commistione, quella del prodotto per adolescenti con il coming-of-age maturo,riflessivo. Il doppio registro è particolarmente difficile da interpretare in maniera univoca, questo potrebbe spiegare le reazioni polarizzate che il film tende a suscitare. A complicare la faccenda, ci si mettono le musiche, certe tematiche e certe atmosfere, che emergono a intermittenza e che distanziano nettamente questa dalla maggior parte delle opere pensate per un mercato teen. Non dimentichiamoci che il film uscì appena un anno dopo Il Colore Viola di Spielberg e il topos della segregazione razziale, insieme a quello dell’AIDS, cominciava solo allora a scalfire la patina smaltata del decennio edonistico per eccellenza.
Difficile, in ogni caso, credere che un film zeppo di cravatte del nonno, armoniche a bocca e muri scrostati risulti appetibile a un adolescente, sia anche degli anni ottanta. Altrettanto difficile credere che la pellicola potesse suscitare lo stesso entusiasmo planetario per una disciplina, come fece per le arti marziali Karate Kid. Degna di nota la gestione del folklore all’interno della storia. Oggi diremmo magari, ingenuamente, che il subplot demoniaco è sfruttato poco e male: il soprannaturale è relegato al finale, oltre che a pochi flashback e sogni virati al seppia. Robert Judd e Joe Morton fanno un buon lavoro nei panni del demonio e del suo assistente.
Due virtuosi collaborano in maniera significativa al progetto: le mani di Ry Cooder sostituiscono quelle del protagonista nei primi piani sullo strumento e firmano la colonna sonora, composta dallo stesso Cooder pensando “all’ABC del blues”. Steve Vai interpreta il chitarrista del diavolo nel duello finale e compone un paio di pezzi: Head Cutting Duel e Eugene’s Trick Bag, ispirato quest’ultimo al Capriccio n.15 di Paganini, sono tuttora presenti nel catalogo dell’artista.
Trivia:
1. Suonare la slide guitar nello stile del Delta richiede una tecnica tutta sua e l’accordatura cambia, il protagonista la padroneggia quasi istantaneamente pur non avendo mai visto una silde fino ad allora.
2. Il soprannome dello stesso nell’originale è Lightning Boy, che sembra avere una certa implicazione razziale, persa poi con il doppiaggio italiano che opta per un profetico Talent Boy.
3. Il titolo originale Crossroads da del filo da torcere: bisogna spiegare che non si sta parlando dell'omonimo con Britney Spears.
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