Regia di Mario Bava vedi scheda film
“Vattene via di qui! Tu non sei mio figlio, sei una serpe! Tu godi a far soffrire chi ti è accanto! Non ho dimenticato, sai? Hai sedotto Tania e poi l'hai abbandonata senza pietà, spingendola ad uccidersi!”
“Ancora questa vecchia storia?!”
Kurt Menliff (Christopher Lee), prestante e ambiguo, fa ritorno alla tenuta di famiglia da cui era stato scacciato dal padre, che ormai è vecchio e malato. Accolto con glaciale distacco da questo e dal fratello Cristiano (Tony Kendall), Kurt afferma di essere tornato solo per congratularsi col fratello per il suo matrimonio con la bella Nevenka (Daliah Lavi), un tempo sua amante.
Il loro rapporto morboso non tarda a germinare di nuovo: all'insegna del sadomasochismo, Nevenka offre il suo corpo alla frusta del crudele e perverso Kurt su una spiaggia vicina al castello dei Menliff. Quella stessa notte, Nevenka non fa ritorno al castello gettando nel panico parenti e servitori, mentre Kurt muore misteriosamente, trafitto alla gola con lo stesso pugnale con cui si era uccisa Tania, sua amante e figlia dell'anziana serva Giorgia (Harriet Medin).
Ritrovata Nevenka e celebrate le esequie del poco compianto Kurt, i passi dei suoi stivali e il sibilo della sua frusta cominciano ad echeggiare lungo i corridoi bui del castello...
Uno dei numerosi film girati in due settimane con mezzi ridotti al minimo e fatto uscire col quasi esclusivo scopo di far cassa da parte di Mario Bava, “La frusta e il corpo”, come spesso è capitato al direttore di fotografia sanremese improvvisatosi con successo come regista a quasi cinquant'anni, non gli vien fuori per niente male. La storia (non scritta dal regista, che è stato solo di rado sceneggiatore) si segue con scarso interesse e si mantiene costantemente piatta, lenta, senza sussulti e personaggi di rilievo, ma ciò che conta nei film di questo sottovalutato maestro è l'abilità nella messa in scena: l'ambientazione profuma forte di gotico, lo specialista Christopher Lee è adeguatamente monolitico ed inquietante quanto basta, la colonna sonora del richiestissimo ai tempi Carlo Rustichelli incalza e non c'è una scelta sbagliata che sia una nelle inquadrature o nell'uso delle luci, al solito sapiente e innovativo, da parte di Bava e del fido collaboratore Ubaldo Terzano (rimarchevoli, a tal proposito, le inquadrature della stessa scogliera sul mare con luci solari ogni volta di diverso timbro e il cadavere in fiamme nella tomba verso il finale).
Primo film a colori di Mario Bava, “La frusta e il corpo” presenta come forma d'innovazione anche lo spunto di perversione sessuale di Kurt Menliff e di Nevenka, motore di una vicenda più scandalosa che delittuosa. I morti che si susseguono nell'intreccio del film lasciano imperturbati, non si ha paura né immedesimazione: ma c'è atmosfera, c'è gran gusto, c'è classe. C'è Bava. *** e ½
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