Regia di Yimou Zhang vedi scheda film
L’amore tra Jing e Sun è una love story della rivoluzione culturale. Tutto inizia nel villaggio di Xiping, dove sorge un leggendario albero di biancospino, i cui fiori sono eccezionalmente rossi, perché imbevuti del sangue dei caduti in guerra. E la storia prosegue con l’abbraccio dentro un cappotto, che è troppo stretto per contenere due persone. Questa drammatica vicenda è introdotta da un emblema di eroico dolore, per poi affidarsi all’immagine di un bisogno di vicinanza destinato a rimanere deluso. Il regime maoista non ammette l’amore libero, perché impone a tutti una ferrea disciplina. Ogni sgarro può costare caro, soprattutto ad una ragazza come Jing, il cui padre è in carcere per motivi politici, e che aspira ad un posto di maestra. La sua trasferta di studio in campagna - dove, a quell’epoca, gli intellettuali venivano inviati per farsi “rieducare”dai contadini - le fa conoscere Sun, un membro della cosiddetta Unità di Esplorazione Geologica. Fin dal loro primo incontro, il loro vincolo appare indissolubile: le anime dei due giovani non si separeranno mai, neanche quando le regole dell’opportunità li costringeranno a mantenere prudentemente le distanze, evitando di farsi vedere insieme, e rinviando ogni reciproco impegno al momento in cui Jing si sarà costruita una posizione. Il loro percorso è il viaggio di due cuori che possono solo inseguirsi e sfiorarsi, col pensiero e con una speranza che è una promessa per la vita, benché tragicamente segnata da una malattia che non lascia scampo. Anche nella grande casa del comunismo cinese, dove tutti si chiamano fratelli e sorelle, Romeo e Giulietta vivono il loro dramma senza tempo, nel quale ciò che è sbagliato agli occhi del mondo è infinitamente buono e giusto per loro. Entrambi credono profondamente in quel meraviglioso mistero che li unisce, benché guardino alla vita da due prospettive diverse: all’ingenua insicurezza di lei fa da contrasto la matura consapevolezza di lui. Dove la mente di Jing si schiude, poco a poco, alla novità che apre la strada verso i sentimenti dell’età adulta, Sun, che sa di essere condannato da un male incurabile, continua saggiamente a coltivare un’illusione che così diventa un ponte verso l’eternità. Gli altri non capiscono, o perché troppo inquadrati nelle regole sociali, come la madre di Jing, o perché inebriati dal gusto della trasgressione, come la sua amica Wei. Omologazione e ribellione si specchiano nella stessa tristezza, che cerca miseri palliativi alla miseria, come un impasto di cristalli di zucchero e noci tritate da spalmare su una gamba piagata, o crudeli rimedi alle proprie debolezze, come un aborto praticato per cancellare un errore di gioventù. Jing e Sun, invece, non hanno e non fanno niente che potrebbe distruggere la loro felicità: il loro rapporto è immateriale, basato su un’intesa priva di condizioni, su un contatto fisico che rispetta i limiti, su uno scambio di doni dal valore puramente simbolico. La realtà, intorno a loro, si svuota di ogni affanno, per incamminarsi a passo lento verso un futuro che nessuno dei due si preoccupa di progettare, ma che sarà certamente bellissimo. A legarli è un sogno intimamente condiviso, benché presenti due facce distinte, una attraversata da un sorriso fremente di emozione, l’altra da una serenità che supera ogni dubbio. Ed entrambe sono protese verso un luminoso vuoto, una pienezza del nulla che è già, di per sé, un lembo di infinito.
Non posso aspettarti per un anno e un mese. Non posso aspettare che tu compia 25 anni. Ma ti ho aspettato per tutta la vita.
Il regista Zhang Yimou trae da un romanzo di Aimi una romantica poesia dell’attesa, che non aspetta la fine, ma si gode l’attimo in sospeso, la tensione dell’assenza che è come un desiderio sublimato. Per Jing e Sun essere se stessi equivale ad esserci, l’uno per l’altro, anche quando stare insieme è impossibile, i ricordi sono troppo pochi, ed il domani è ridotto a zero.
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