Regia di John Michael McDonagh vedi scheda film
«Non capisco se sei la persona più stupida che abbia mai conosciuto, o la più intelligente». Lo dice l’agente Fbi Don Cheadle al pigro e razzista poliziotto irlandese Brendan Gleeson, e il dubbio resterà a lui e a noi oltre la fine del film. Gerry Boyle è probabilmente il peggior agente di polizia della Storia: manomette la scena del crimine, beve in servizio, assaggia l’ecstasy prelevata alle vittime di un incidente stradale e detesta quasi ogni forma di vita che non sia nata in Irlanda, ma soprattutto gli americani e i neri. Quando l’omicidio di un John Doe locale si rivela legato a un traffico internazionale di droga, gli viene affiancato nelle indagini Wendell Everett: nero e americano. Una strana coppia, una location europea pittoresca e una sceneggiatura meravigliosamente politically uncorrect: gli ingredienti sono gli stessi di In Bruges. La coscienza dell’assassino, e infatti regia e script sono opera del fratello di Martin McDonagh, autore dello spassoso thriller nero. E The Guard (incomprensibile e atroce la scelta della titolazione italiana) è quasi l’altra faccia della medaglia: se là erano i criminali a trovarsi di fronte a questioni etiche, qui c’è uno sbirro scansafatiche davanti all’occasione di una redenzione non prevista. Apprezzato al Sundance e a Berlino, l’esordio di McDonagh è un gioiello di cattiveria, pulp in salsa irlandese annaffiato di pioggia e Guinness.
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