Regia di Alain Gagnol, Jean-Loup Felicioli vedi scheda film
Un ladro nobile, un commissario madre vedova in cerca di giustizia, una bimba che non proferisce parola da quando il padre è stato ucciso e un padrino omicida a capo di una mafia d’allocchi. Tra di loro, e non è un dettaglio, un gatto che li lega e li separa al momento opportuno. Lungo n. 3 prodotto dalla casa d’animazione francese Folimage (dopo La profezia delle ranocchie e Mià e il Migù e prima dell’inedito Tante Hilda!, tutti diretti da Jacques-Rémy Girerd), Un gatto a Parigi è un dolce noir per bambini, un film a disegni animati (in 2D, ve lo ricordate?) che gioca con i referenti cinematografici (i gag di Le iene, i dettagli da fiaba di La notte scorre sul fiume) evitando le automatiche ironie da cinefilia cinica con cui ci ammorbano i cartoon Usa: un’opera che tratteggia teneramente ritratti umani semplificati ma toccanti, che non si limita a considerare i personaggi come funzioni narrative, ma cerca di dar forma, in modo elementare, al loro inconscio. Gli autori, Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol, adeguano al grand public la ricerca formale sviluppata nei corti (online trovate il borgesiano Le coulouir e il nerissimo Mauvais temps). Ne esce un polar gentile e di formazione, che non cerca il realismo del tratto ma attinge all’arte che informa i moti della psiche, i marchi dell’occhio: il fauvismo di Matisse e l’espressionismo tedesco, i volti di Modì e le forme di Picasso, gli incubi di pietra del gotico. Un gioiello. Portateci i bambini. Provateci.
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