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Intimate Grammar

Regia di Nir Bergman vedi scheda film

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La recensione su Intimate Grammar

di OGM
8 stelle

È l'anniversario dell’Indipendenza Israeliana. Il giorno che segna le differenze più dolorose, tra chi festeggia e chi se ne sta in disparte, chi partecipa alla celebrazione forte del ruolo ben preciso che svolge all’interno della società, e chi invece è ancora un essere indefinito, un germoglio in attesa di sbocciare. Aharon Kleinfeld non cresce. Qualcosa, contro la sua volontà, ha impedito al suo corpo di svilupparsi, di diventare alto e robusto. E la sua mente, a suo modo, ha assecondato questa condanna ad una prolungata infanzia, rifiutandosi di amare le “cose dei grandi”, e continuandole  a guardare da lontano, con sospetto. Il suo cognome gli calza a pennello. è uno di quelli tipici ebraici, composti da due termini che designano un oggetto specificandone la natura: Klein-feld si traduce in piccolo campo. Ristretta è, infatti, insieme alla sua fisicità, anche la prospettiva da cui guarda alla vita:  è lo spazio angusto di una nicchia scavata dentro l’anima, dentro la quale ama rifugiarsi per sottrarsi a tutto ciò che non capisce e non approva. È la valigia in cui, per gioco, si fa rinchiudere dal suo amico Gidon con le mani legate dietro la schiena, in modo da poterne uscire come il grande Houdini. Ed è anche quella bolla immaginaria del present continuous che lo sottrae al trascorrere del tempo, mantenendolo sospeso in un attimo eterno: è il regno individuale dell’I am aharoning, che, attraverso una particolare costruzione grammaticale della lingua inglese, congela l’azione in un “mentre” senza fine. Lui sta pensando, saltando,  oppure “essendo se stesso”,  mentre gli altri si disperdono in mille altre direzioni, impegnati in una frenesia di cambiamento che li vede già incamminati verso la morte. Aharon resta al di qua di quel confine oltre il quale l’evoluzione non è più arrestabile, e conduce tutti, indistintamente, verso il medesimo funesto traguardo. Il primo passo è l’omologazione, il processo irreversibile in cui la politica incanala ed ufficializza, per i propri scopi, il comune desiderio di sentirsi uguali agli altri. Superare la prova di iniziazione ed entrare a far parte del gruppo. Imparare a ballare per diventare un elemento di una coreografia collettiva. Unirsi alla squadra per andare a lavorare in un kibbuz. Per poter fare tutto ciò bisogna corrispondere a certe misure standard. Per ogni tappa è previsto un modello di riferimento. Si può essere troppo grassi per la danza classica, o troppo bassi per il bar mitzvah. Aharon risulta inadeguato per un mondo che, a suoi occhi, appare a sua volta non conforme alla logica, alla ragione, alla morale. I suoi stessi genitori, senza alcun ritegno, si rendono colpevoli di crudeltà, menzogne e meschinità di vario genere. La madre, per gelosia, diventa cattiva. Il padre è un povero ignorante e non lo vuole ammettere. Anche Yocheved, la sua sorella maggiore, subisce le conseguenze di questa situazione: è una vittima del sistema, però, contrariamente a lui, lascia che questo la assorba, senza ribellarsi. Si adatterà, rinunciando ai propri sogni. Mettendo insieme tutti i pezzi, Aharon giungerà infine alla conclusione che il passaggio all’età adulta deve necessariamente comportare la perdita di una grossa fetta di sé. Un addio che per ognuno suona in modo diverso, e quindi occorre affrontare da soli, essendo pienamente coscienti di ciò che ci si deve lasciare alle spalle. La memoria – la dimensione sacra della tradizione familiare e della verità biblica – è, anche in questo caso, il tesoro interiore che indica la strada e prepara il viandante al lungo tragitto. Ricordare è indispensabile per poter decidere consapevolmente cosa abbandonare e cosa portare con sé. Simboli astratti, beni concreti. Fare i bagagli comporta una scelta. Che è particolarmente ardua se il viaggio si preannuncia difficile ed impone di partire leggeri. Il libro The Book of Intimate Grammar (1991) di David Grossman, da cui Nir Bergman ha tratto questo film,  inverte lo spirito del romanzo di formazione, presentando la crescita come la meta che non arriva, e dalla quale, in realtà, si vorrebbe rimanere lontani.  Il protagonista è sospeso nel dilemma tra due alternative parimenti temibili:   restare per sempre un reietto o sparire nell’uniformità della massa. Come dire: due modi opposti di essere nessuno.

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