Regia di Aaron Norris vedi scheda film
Il colonnello Braddock, reduce del Vietnam, a oltre 10 anni dalla fine del conflitto viene a sapere che la sua donna, data per morta, è in realtà ancora viva laggiù. E le sorprese non sono finite: in Vietnam c’è anche il suo figlio mai conosciuto; Braddock parte immediatamente per andarli a prendere.
Con questo titolo si chiude la trilogia dell’ardito colonnello Braddock, uomo tutto d’un pezzo capace di fare stragi di musi gialli senza scomporsi minimamente; siamo nell’America reaganiana e ammazzare è più semplice, diretto ed economico che perdonare: Rombo di tuono, saga che si muove sulle orme di quella del Rambo di Stallone, coglie appieno lo spirito dei suoi tempi e lo fa a suon di mitragliate, esplosioni, vendette sanguinose a volto scoperto. Nessuna volontà di minimizzare lo scontro in Vietnam, di ricondurlo a un’esperienza tragica da lasciarsi alle spalle: anzi, semmai il contrario. La sceneggiatura di James Bruner e del monumentale (nel senso di espressivo come una statua) protagonista Chuck Norris ricalca i toni e gli argomenti dei primi due Rombo di tuono, riducendo gli asiatici a pura carne da macello e mostrando una sorprendente insensibilità nei confronti dei più elementari diritti umani; è solo un film, si dirà, ma è anche uno di quei film che hanno orgogliosamente cavalcato il peggior decennio yankee di sempre, quello nel quale il conflitto atomico sembrava costantemente dietro l’angolo: non sorprende constatare che con il crollo del comunismo e del relativo spauracchio si sia ridimensionata anche la traboccante violenza degli action made in Usa. Alla regia, pura amministrazione di ritmo & azione, ma senza particolari sbavature per il genere, esordisce Aaron Norris, fratello minore del protagonista; due anni più tardi la coppia si ritroverà anche per il sequel di Delta force (Delta force 2, 1990), proseguendo poi il sodalizio anche sul piccolo schermo, ove approderà la carriera di Chuck. 2,5/10.
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