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La Faida

Regia di Joshua Marston vedi scheda film

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La recensione su La Faida

di supadany
8 stelle

A sette anni di distanza dall’apprezzato “Maria full of Grace” (2004), Joshua Marston conferma quanto già di buono aveva fatto vedere, con un film dotato di una storia che cattura l’attenzione, così vicina a noi geograficamente parlando, è ambientata in Albania, ma ancor più distante dal nostro modo di vivere, in più si lega indissolubilmente ai suoi personaggi che dalla stessa rimangono segnati a vita.

In seguito ad un omicidio commesso dal padre, i giovani Nik (Tristan Halilaj) e Durina (Sindi Lacej) vedono sconvolta la loro vita da adolescenti.

Seguendo le leggi arcaiche del posto Nik è obbligato a restare segregato in casa in attesa di decisioni da prendere tra famiglie, mentre Durina, per far andare avanti la famiglia, deve sostituire il padre sul lavoro, scappato per non farsi arrestare, consegnando il pane.

Nik vuole a tutti i costi trovare una soluzione per tornare a vivere, ma si troverà di fronte ad una scelta radicale.

 

 

Opera dal forte impatto, d’altronde il titolo originale già dice parecchio (“The forgiveness of blood”), che affronta svariati argomenti e per giunta lo fa sempre con cognizione di causa.

Protagonista è una terra martoriata dalla povertà, ma ancora di più da riti ed usanze arcaiche dolorose, impossibili da capire per noi che viviamo tutta un’altra vita, ma lo stesso vale per i due giovani protagonisti già orientati verso la modernità, con i loro sogni, lei vuole studiare, mentre lui sogna di farsi grande e diventare indipendente.

In seguito ad un dissapore tra famiglie che dura da anni sfociato nel sangue, tutto per loro si blocca, la violenza cieca ha avuto la meglio e non c’è logica che tenga, l’ottusità trasversale prende il sopravvento, tra chi non vuole concedere nessun perdono, e vorrebbe solo vendetta per chetare la propria ira, chi non ha nessuna intenzione di provare a sistemare le cose (il padre che non vuole rinunciare alla libertà anche se questo vuol dire vivere nascosto e lontano da casa) e poi c’è pure chi ci guadagna, offrendo il prezioso e complicato servizio di negoziazione.

Un piccolo universo descritto con cura in tutti i suoi aspetti, i vari punti di vista sono perseguiti senza sconti, tanto che si arriva ad un finale che non lascia niente al caso, pone una scelta da prendere (o lasciare per sempre) in 24 ore ed arrivati a quel punto non c’è nemmeno bisogno di tante parole, i gesti sono l’unica cosa che conta.

Un lavoro quindi pregevole, di un regista come Joshua Marston che ha le idee chiare, che racconta il contrasto tra “vecchio” e “nuovo”, che parla di sogni e di restrizioni, di scelte cruciali sopraggiunte troppo presto, mantenendo sempre sotto controllo uno script ricco di partecipazione (tanti personaggi hanno qualcosa da dire) e di considerazioni su onore, (in)giustizia e molto altro.

Preciso ed articolato.

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