Regia di Woody Allen vedi scheda film
A Rainy (Lost/New) Day in Paris.
A dieci anni di distanza è difficile (ma non impossibile, e spero non superfluo) scrivere qualcosa di nuovo, se pur stringato e sistematico, s’uno dei migliori Allen post-2000, e di sicuro - per quel che vale, cioè soldi - uno dei suoi maggiori successi (la scoperta messa in scena di una metafora reiterata e reificata) al botteghino.
«“Divertente, ma dimenticabile.” Sembra un film che ho già visto. Magari l’ho scritto io.»
Perciò non lo farò, e mi limiterò a lasciar parlare lo sceneggiatore e regista.
- Sto avendo un'intuizione... È una piccola cosa, ma... spiega l'ansia che ho provato nel mio sogno.
- Quale sogno?
- Ho fatto un sogno, cioè, un incubo, in cui avevo finito lo Zitromax. E quando andavo dal dentista, lui aveva finito la Novocaina. Queste persone non hanno neanche gli antibiotici!
- Ma di cosa stai parlando?
- Se tu rimani qui e questo diventa il tuo presente… presto inizierai a immaginare che un'altra epoca sia la tua Età dell'Oro. Ecco cos'è il presente. È un po' insoddisfacente perché la vita è un po' insoddisfacente.
Contrappuntato e abitato con iconica costanza dalla "Bistro Fada" del chitarrista jazz Stephane Wrembel e incorniciato da "Si Tu Vois Ma Mère" di Sidney Bechet, le Dieu (1897-1959, compositore ed interprete sassofonista-clarinettista da New Orleans all’Île-de-France), che ritorna per l’appunto anche sul finale, inizia - senza che i francesi si siano messi a frignare come alcuni italioti al cospetto di "To Rome with Love" (anch’esso fotografato da Darius Khondji) e nonostante la figura pseudo-macchiettistica dell’investigatore privato imbranato - con una serie di vedute (a loro volta contenute entro i confini dei titoli di testa) cartolinesche [che altro non sono se non la speculare rappresentazione a colori del principiar gershwiniano (con voice over) in B/N di "Manhattan" (con richiamo in coda), solo un po' più... consapevolmente/volontariamente... grezza/quotidiana, con qualche veduta spuria e magari un accenno di lavori in corso e ponteggi, quasi dei rinoceronti al posto delle ninfee, anche se pur sempre senza Rete Arancione] d-e/a-lla Ville Lumiere, "A Rainy..." - e, oltre alla pioggia (e al nome proprio del protagonista della rentrée newyorkese), ad accomunare i due film in un unico mood ci sono anche le varie versioni di classici e standard [Let’s Do It (Let’s Fall in Love) di Cole Porter] reinterpretati al pianoforte da Conal Fowkes, con Allen anche per "Blue Jasmine", "Magic in the MoonLight" e "Café Society", ma in queste due occasioni particolarmente molto incisivo - "...Lost & New Day in Paris" (conosciuto anche con lo spurio nome di "MidNight in Paris"), muovendosi (montato da Alisa Lepselter) dal presente (2010-’11, col primo, molto più lieve, attentato a Charlie Hebdo, dopo quelli di Madrid e Londra, in attesa di quello del 2015, anno che, terminando, ospiterà anche la strage del Bataclan) alla Génération Perdue [Ernest Hemingway & Gertrude Stein: William Faulkner (cit.), Pablo Picasso, Luis Bunuel, Salvador Dalí, T.S.Eliot, Henri Matisse, Joséphine Baker, Cole Porter (questi ultimi due anche in colonna sonora), Man Ray, Amedeo Modigliani (†), Djuna Barnes, F. Scott & Zelda Fitzgerald, Juan Belmonte] e alla Belle Époque (Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Gauguin, Edgar Degas, e... le Cinéma!, oltre al Can-Can, qui quello dell’Orfeo all’Inferno di Offenbach), giungendo sino, per una toccata e… fuga, all’Ancien Régime di Versailles.
“The past is never dead. It's not even past.”
William Faulkner (Gavin Stevens a Temple Drake) – "Requiem for a Nun" (“costola” di "Sanctuary") – 1951
“The past is not dead. Actually, it's not even past.”
Woody Allen (Gil Pender a Inez) – "MidNight in Paris" – 2011
Owen Wilson è perfetto nell’interpretare l’alter-ego californiano dell’autore. Marion Cotillard e Léa Seydoux risplendono. Rachel McAdams, in un ruolo ingrato, è molto brava. Katy Bates, as usual, eccelle.
Chiudono l'eterogeneo ed ottimo cast Adrien Brody, Tom Hiddleston, Alison Pill, Michael Sheen, Kurt Fuller, Mimi Kennedy, Corey Stoll, Carla Bruni, Gad Elmaleh.
“Tutti temiamo la morte e ci interroghiamo sul nostro posto nell’universo: compito dell’artista non è quello di soccombere alla disperazione, ma di trovare un antidoto alla futilità dell’esistenza. Tu hai una voce forte e chiara: non essere così disfattista!”
La sospensione dell’incredulità ovviamente, data la tipologia del sottogenere affrontato - la romantica commedia fantastica (il film è stato candidato ai Nebula e ai Saturn) -, interviene con grazia, ed ulteriormente ogni sorta di dubbio crolla, collassa e frana sotto ai colpi delle discussioni escursive/incursive sui massimi sistemi.
“Vuoi vedere che l'Età dell'Oro / Era appena l'ombra di Wall Street?”
* * * * (¼)
Postilla. Dopo aver assistito a “the Violet Hour”, il primo episodio di “the Romanoffs”, la mini-serie antologica - con un sottile file rouge orizzontale di “sangue” narratologico - di Matthew Weiner (“Mad Men”, “Heather, the Totality”), non potrete più ripercorrere il lungo Senna - e il cinema passato e presente - senza quella sensazione di (immotivato, col senno di poi, e forse del tutto soggettivo) pericolo imminente (ancor più, ad esempio, di quanto accade, però esplicitamente, con la tensione esibita in primo piano, in “Frantic”), qui nel lavoro di Allen incarnato, rappresentato ed espresso, collateralmente, da Zelda Sayre Fitzgerald.
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