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Midnight in Paris

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Midnight in Paris

di laulilla
7 stelle

Non un capolavoro, probabilmente, ma un amabile film che si lascia guardare senza noia, ingentilito dal brio del vecchio Woody, all'epoca ultrasettantenne, dalla sua nostalgia non priva di saggezza, dalle belle musiche e dall'intelligente partecipazione di un gruppo di attori bravissimi.

 

Gil (Owen Wilson) era sceneggiatore a Hollywood, ma, scontento del suo - pur redditizio - lavoro, avrebbe voluto dedicarsi a tempo pieno all’arte dello scrivere.

Per la verità, egli aveva già scritto un romanzo, di cui era gelosissimo custode, non essendo sicuro del risultato ottenuto, e ritenendo che le persone, che aveva seguìto in un viaggio di piacere a Parigi, fossero le meno adatte a capirlo e a darne un giudizio.

Erano con lui Inez (Rachel McAdams), la graziosa e attraente fidanzata e i genitori di lei, repubblicani, convinti sostenitori del movimento liberista dei “Tea party” e – soprattutto il padre – ottusi avversari di tutto quanto si allontanasse dalle quotazioni di borsa e dagli affari.


Ognuno di loro si attendeva la “sua” Parigi: quella del turismo frettoloso, oppure quella dello shopping e delle occasioni da non perdere, quella della mondanità o quella delle emozioni; a Gil interessavano le suggestioni culturali, che infine era riuscito a far rivivere  costruendo un proprio  personale percorso, a ritroso nel tempo, lungo gli anni ’20 del Novecento.


Allo scoccare della mezzanotte, egli saliva a a bordo di un’auto d’antan e veniva accolto dagli intellettuali che aveva conosciuto e amato da lontano: ritrovava le strade, i locali, i salotti  in cui animate discussioni sulle arti e sulla  musica accendevano stimolanti e innovativi confronti, veri laboratori in cui si avvicendavano i grandi del passato, dai coniugi Fitzgerald a Hemingway, da Cole Porter a Gerdtrude Stein, da Picasso a Dali a Bunuel…


Il regista racconta un viaggio magico e vero, senza effetti di flash-back: la sua smaliziata esperienza gli consente di inserire con estrema naturalezza le divertenti parentesi notturne di Gil, che – sebbene un po’ goffo, imbarazzato e amabilmente naïf – da quegli scambi e da quelle discussioni riusciva a trarre le indicazioni che gli stavano a cuore, per il proprio romanzo e per la propria vita.

 

 

 

 

Non solo le vecchie strade e i locali della città, ma anche i luoghi più noti delle regioni francesi nord occidentali  – Versailles con la sua reggia (e con la divertente apparizione di Luigi XIV nella Sala degli Specchi) o Giverny col ponticello e le ninfee di Monet scorrono davanti a noi che rivediamo volentieri le belle e risapute fotografie un po’ sbiadite, così come ascoltiamo volentieri i pettegolezzi sulla spregiudicata Zelda Fitzgerald, sul suo tentato suicidio, sulla sofferenza di Francis Scott, sul vocione rude e macho di Hemingway, sui tori di Picasso, sulle  le stravaganze di Dalì ..


Il regista non si prende troppo sul serio, per fortuna, e si interroga con ironia e grazia sul senso di quella nostalgia un po’ facile, simile a una fuga dal presente e dalla realtà che non sempre è da buttare, come ci ricorda una memorabile battuta di Gil sugli antibiotici.

 

 

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