Regia di Woody Allen vedi scheda film
Nel tour europeo di Woody Allen è la volta di Parigi e rispetto alle altre sue recenti esperienze (Barcellona, Londra e Roma) direi che qui le cose funzionano decisamente meglio per quanto l’insieme sia leggero, anzi direi fin troppo leggero, rischiando di sfiorare anche l’inconsistenza.
Però qualche incursione allenniana ed uno spirito nostalgico per il passato, con tanto di riflessione complessiva sull’argomento, danno una grossa mano.
Gil (Owen Wilson) è in vacanza nell’adorata Parigi insieme alla sua fidanzata (Rachel McAdams), ed ai suoi futuri cognati, quando una sera mentre cammina solitario per strada, si ritrova catapultato negli anni ’20 incontrando diversi personaggi leggendari che considera dei veri e propri maestri.
In più s’innamora della bella Adriana (Marion Cotillard) al punto da arrivare a riconsiderare anche la sua vita presente (o futura).
In altri periodi un film come questo sarebbe passato nel dimenticatoio tra i tanti diretti da Woody, ultimamente però i tempi sono cambiati in peggio e questa sua trasferta parigina, pur con tutti i limiti del caso, assume sapori e connotazioni, anche se a sprazzi, che riescono a regalare momenti piacevoli ed alcuni, non molti, dialoghi e situazioni nelle quali dietro alle movenze ed ai comportamenti di Owen Wilson si rivedono scorci dell’autore newyorchese che fu.
Una Parigi da cartolina è un buono sfondo, anche se l’introduzione sembra più un generoso spot promozionale, soprattutto quando viene compiuto il balzo all’indietro dove avvengono incontri da sogno.
Per lo più questi sono piacevoli, ma anche velleitari, raramente acuminati, diciamo un esercizio di stile carino, ma un po’ fine a se stesso, mentre gli spezzoni ai giorni nostri sono più tipicamente allenniani e regalano qualche buona battuta tagliente e le classiche situazioni di imbarazzo come quando Gil viene beccato con le mani nella marmellata (vedasi quando ruba alla fidanzata gli orecchini da regalare a Adriana).
Un po’ poco per farne un grande film, ma abbastanza per trascorrere novanta minuti (scarsi) piacevoli, con una storia che strizza l’occhio al bello pur non valorizzandolo appieno (e l’Oscar come miglior sceneggiatura originale mi pare francamente un po’ eccessivo).
Godibile.
Altalenante, ma rispetto alle sue ultime regie trova decisamente un numero maggiore di guizzi riusciti.
Più che discreto.
Raramente chiamata in causa, ma è sempre un gran bel vedere quando tocca a lei.
Discreta.
Ruolo alquanto ordinario.
Sufficiente.
Sempre sicura (in maniera quasi disarmante) ed all'altezza nelle poche scene nelle quali appare.
Scampoli di pellicola per lei.
Anche per lui si tratta di comparire in pochissimi frangenti.
All'altezza della situazione (non troppo complicata per dirla tutta).
Volto giusto, non compie prodezze, ma si pone sempre nel modo giusto.
Apparizione tutto sommato piacevole.
Gradevole ed appropriata.
Non molto sollecitata, ma fa tutto ciò che deve.
Dopo tante sguaiate commedie americane trova una felice consacrazione riuscendo ad essere un'efficace alterego alleniano. Piacevole sorpresa.
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