Regia di Quentin Dupieux vedi scheda film
Un copertone animato scopre di avere devastanti poteri mentali, tali da riuscire a disintegrare qualsiasi cosa e chiunque si trovi davanti. Si rifugia in uno squallido motel nel deserto americano, luogo frequentato da vari personaggi loschi.
Il regista e sceneggiatore Dupieux ci avverte già nella prima sequenza: questo film è un inno al nonsense. Nulla di nuovo sul grande schermo e soprattutto per lui, già autore dello strampalato Nonfilm (2002), altra immane mise en abyme cinematografica, altra riflessione, come accade anche in Rubber, sulla potenza dell'affabulazione, sul rapporto fra artista e pubblico e più in generale sul mancante senso della vita. Ma qui un elemento di bizzarra novità c'è ed è la scelta di un copertone - ribattezzato Robert, come si scopre sui titoli di coda - come protagonista; colpiscono in particolare le inquadrature dal suo 'punto di vista' e il suo antropomorfo girovagare in cerca di qualcosa che neppure Robert stesso conosce. Come accade per qualsiasi essere umano nella vita reale, precisa Dupieux, mentre l'arte - il cinema e in maniera più estesa la rappresentazione, il mondo della fantasia - può permettersi il lusso e il vizio della logica, della spiegazione razionale, che pure, quando apparentemente manca, può risolversi semplicemente in una stretta di spalle: è la finzione, è fatta così. L'unico personaggio in tutto Rubber per cui tale motivazione (o mancanza di motivazioni) non vale è proprio il copertone Robert, più umano degli umani e tragicomicamente costretto a imitarne le gesta e ad assumerne le inquietudini. Tanto da riuscire a far simpatizzare lo spettatore per lui; e quando il racconto volge al termine, inevitabilmente ci si chiederà: che ne sarà ora di Robert? Ma il film finisce dove comincia la vita. 7/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta