Regia di Quentin Dupieux vedi scheda film
Incipit notevole per un film folle e genialoide; una pazzia alla Troma, nonché esordio cinefilo di quel terribile d'un Quentin (nome che cinematograficamente da tempo è garanzia di genialate) Dupieux che saprà sorprenderci un paio d'anni dopo con l’ irresistibile nonsense e humor nero presente nel successivo fantastico “Wrong”, visto a Torino all’ultimo TFF.
Cinque/dieci fantastici minuti in cui la regia sceglie di aprire il suo occhio malizioso su una zona brulla e desertica che comunica desolazione e isolamento, ove tra un cespuglio e l’altro figurano, disposte a casaccio come per rendere possibile uno slalom bizzarro e geograficamente fuori luogo, alcune sedie fragili e friabili come biscotti. Una macchina della polizia sopraggiunge facendo scempio degli incongrui oggetti d’arredamento, finché da essa scende (ma dal bagagliaio!'!) un poliziotto dall’aria severa, serio e motivato, che sembra uscito dall'ultima bizzarria letteraria di Stephen King. L’uomo, occhio fisso sulla camera, serio e determinato, ci fa riflettere su come in svariate pellicole famose e pluripremiate siano infarcite di dettagli francamente inspiegabili e senza “alcuna ragione specifica” (tra le altre cita Et - perché l'estraterrestre è marrone?, Il Pianista, e ancora Non aprite quella porta, poi Love Story, JFK, PERCHE' PERCHE' PERCHE'.....tutti perché uno più folle dell'altro, che tra l'altro lasciano intendere allo spettatore che nel migliore dei casi l'uomo si sia fatto dei crucci inutili, mentre in altri casi non abbia proprio capito nulla della trama del film). "Aucune raison" è la sua laconica conclusione in tutti i casi: non c'è nessuna spiegazione plausibile. E ciò - è intuibile già da quel momento - non è che un bizzarro, divertente ed insolito modo di mettere le mani avanti su ciò che caratterizzerà la pellicola in questa sua storia folle di un serial killer piuttosto anomalo.
In effetti l’epopea di un pneumatico assassino che vive le sue prime esperienze da killer con l’indecisione e l’esaltazione di un cucciolo o un bambino alle sue prime esperienze di vita “autonoma” è, almeno a tratti, esilarante: un’esperienza che diviene sempre più inebriante per quella gomma (rubber appunto) d’automobile apparentemente qualunque, e che consente a quell'oggetto improvvisamente animato da una sete di sangue di causare, in poco tempo, una escalation di violenza che lo porterà a dar “vita” ad un vero e proprio massacro immotivato, ma irresistibilmente appagante.
Certo, per il regista giostrarsi sulle non particolarmente accentuate caratteristiche fisiche/morfologiche di un protagonista di suddette fattezze, la cui espressività può al massimo nascondersi tra le pieghe della scanalatura del battistrada (ma per certi anche celebri attori-cani tutto ciò costituirebbe già un notevole passo avanti!!), si tratta certamente di una sfida eccentrica, non facile, ma tutto sommato riuscita, grazie anche alla possibilità che il cineasta si concede di divagare e di ironizzare alla grande, per esempio con la presenza di una piccola folla di pubblico becero e teledipendente che, armato di binocoli, si gode la strage da una piedistallo privilegiato, come il coro di un teatro greco, servito per di più da un maggiordomo/guida scostante ma a suo modo geniale.
Insomma un opera prima curiosa, che deve essere vista e considerata in virtù di ciò che il regista svilupperà in seguito ed è già parzialmente possibile verificare nella sua notevole opera seconda "Wrong".
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