Regia di Jafar Panahi vedi scheda film
Secondo un'inconfutata regola di vita, per distinguere un uomo da una donna, bisogna chiedere al soggetto in questione di spiegare la regola del fuorigioco nel calcio: se lo sa fare, allora si tratta di un uomo, se non l'ha capita siamo di fronte a una donna. Potrebbero utilizzare questo sistema i militi della rivoluzione islamica che, in Iran, devono impedire l'ingresso allo stadio alle donne, secondo una norma - o una consuetudine - in vigore quanto meno al tempo di Ahmadinejad, indubbiamente più cervellotica di quella sancita dalla Regola 11 del gioco del calcio.
La passione per questo sport conduce infatti alcune ragazze iraniane a camuffarsi da maschi, per assistere ad una importantissima partita della nazionale iraniana, quella contro il Bahrein, che la può qualificare ai campionati mondiali (quelli del 2006 in Germania, poi vinti dalla nazionale allenata da Lippi).
Il calcio, che unisce tutti nella vittoria, come dimostra la lunga e festosa sequenza che chiude il film, funge tuttavia anche da detonatore per una incredibile serie di conflitti tra le diverse componenti della società iraniana. Le ragazze, cui l'ingresso allo stadio è impedito dall'assurda regola per cui gli uomini allo stadio insultano e bestemmiano e non è appropriato per una donna sentire simili blasfemie, rifiutano di comprendere una simile regola imposta dai maschi, anche perché le stesse ragazze, al di fuori dei circuiti ufficiali, giocano a calcio come le coetanee di mezzo mondo. Allo stesso tempo, un altro scontro coinvolge gli abitanti delle campagne e quelli delle città: il giovane sottufficiale incaricato della sorveglianza si rammarica di dover perdere il tempo in quel modo, anziché essere a casa a dare aiuto alla madre nella cura degli animali e si interroga meravigliato sulla mentalità delle ragazze di Teheran, le quali vogliono giocare a calcio e fare il servizio militare. Serpeggia, poi, anche qualche dissidio etnico, evidenziato quando un giovane soldato vorrebbe che giocasse un calciatore della propria regione, mentre gli altri gli ribattono che è troppo basso (un po' come se qualcuno invocasse in nazionale italiana Sau e Cossu del Cagliari e gli fosse risposto che i sardi sono troppo piccoli). C'è poi lo scontro tra giovani e vecchi, con il padre di una studentessa che ha saputo che la figlia è scappata alla partita e si lamenta "è così che andate all'università? che ripagate i nostri sacrifici per darvi un futuro migliore?". E alla fine, persino il giovane contrabbandiere che spaccia petardi e girandole implora la polizia: "e va bene, arrestatemi pure, ma non mettetemi con le ragazze: è troppo degradante!".
Panahi, regista coraggioso ed umanista ha dichiarato di avere realizzato, con Offside, una commedia umoristica ed in parte è vero, perché, forse per la prima volta nel suo cinema, si riesce a ridere; e tuttavia, se così si può dire, l'autore castigat ridendo mores, perché in trasparenza mette ancora in evidenza le contraddizioni e le arretratezze del suo amatissimo paese.
Quattro stelline - quasi cinque - al film, un plauso incondizionato agli straordinari giovani interpreti (maschi e femmine, tutti spudoratamente assieme) e la libertà, subito, per il regista.
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