Regia di Jafar Panahi vedi scheda film
Notizia flash di Luglio 2022, il regista iraniano Jafar Panahi è stato arrestato per aver preso parte ad una manifestazione non autorizzata nel suo paese, venendo condannato a 6 anni; è la terza volta che accade, nonchè la seconda condanna che subisce, a causa della "colpevolezza" di non fare ciò che gli dice il regime teocratico, ma di agire come gli dice la sua coscienza artistica, il suo successo consiste proprio nel fare come non gli viene detto.
La carriera di un cineasta dovrebbe essere giudicata in teoria da ciò che produce, ma mai quanto Jafar Panahi, la sua vita coincide con il cinema, che tra forza dal suo non volersi allineare alla squallida realtà di una semi-dittatura, incapace di evolvere il paese da un anti-occidentalismo di mera propaganda, il quale ha portato l'Iran sia ad un isolamento internazionale marcato, quanto ad una brutale repressione interna su ogni istanza di rinnovamento.
Allievo di Abbas Kiarostami, dapprima si formò come suo assistente alla regia, per poi girare i primi film nella seconda metà degli anni 90', con un seguito internazionale sempre crescente, culminando con il premio più prestigioso del mondo per un regista; il Leone d'Oro per quel capolavoro del Cerchio (2000) dove, con un perfetto parallelismo sia simbolico con la figura geometrica, che dal punto di vista narrativo, ritraeva la complessa situazione femminile in Iran all'alba del nuovo millennio, venendo di conseguenza censurato dagli schermi del proprio paese.
Di lì in poi Panahi fu inviso alle autorità politiche iraniane, vedendosi boicottato nei suoi progetti, nonchè respinte tutte le successive autorizzazioni da parte della commissione cinema interna; di fatto una censura preventiva a tutti gli effetti, che ha costretto il regista a girare i successivi lavori nella semi-clandestinità, ponendosi contro il regime; prendendo spunto dall'esempio della propria figlia che volle andare allo stadio conscia del divieto vigente in Iran, Panahi, gira un film, con protagoniste delle giovani ragazze poste "fuorigioco" del sistema, dal titolo Offside (2006). Sei giovani, vogliono assistere allo stadio al match tra Iran-Barhain, valido per le qualificazioni ai mondiali del 2006, in modo da supportare con il loro tifo dal vivo la squadra, nonchè assaporare in diretta la partita, così da poter vivere appieno la loro passione per il calcio, di cui sono anche abbastanza "ferrate" in materia.
Nulla di sensazionale, eppure in Iran questo diviene una questione di rilevanza penale, dato che alla componente femminile viene proibito di assistere alle partite allo stadio, per motivi ufficialmente di decoro nei confronti della purezza delle donne in quanto uscirebbero a detta delle autorità "contaminate" in negativo dal clima becero, volgare e casinaro degli uomini (un uomo anziano confessa di andare allo stadio solo per sfogarsi nel modo peggiore possibile), quando in realtà probabilmente a casa loro subiscono dai loro padri o mariti, molto peggio.
Tutto il mondo è paese, anche in Iran il tifoso medio non si distingue per la sua grande civiltà, ma la proibizione per tale motivo non regge; sei ragazze tentano di entrare nell'impianto sportivo vestite da uomini, Panahi segue con fare documentarista tramite la sua macchina da presa a mano agile e colma di umanità, i loro tentativi di aggirare la sorveglianza dei militari, venendo però ad una ad una catturate e confinate in un piccolo spazio delimitato da tre transenne, per tenerle isolate.
Le sei ragazze sono rinchiuse in un luogo stretto, una prigione "aperta" ma spazialmente delimitata, dove sono ristrette fisicamente, ma le loro idee no, traboccano con potenza all'infuori di esse, perchè l'umanità di quelle sei ragazze non può in alcun modo venire repressa, arrivando ad esplodere di gioia in un abbraccio collettivo alla rete dell'1-0, con la perplessità dell'addetto militare preposto alla sorveglianza di quel settore, incapace di concepire il perchè di tale "follia" femminile.
Offside ovviamente è un film contro il sistema e le sue derive sempre più anti-democratiche ed anti-egalitarie, la sua stessa produzione ed esistenza, è un guanto di sfida lanciato da Panahi contro le autorità, ma ridurlo a mero film "contro", sarebbe ingiusto per le qualità di un film che sa appropriarsi di una materia "civile", affrontandola con un tono "leggero", in cui di disvela l'assurdità di tale proibizione, visto che le ragazze sono in grado di rispondere a tono ai militari che svolgono l'ingrato servizio di sorveglianza, tra problemi familiari incombenti e lo scherno degli altri tifosi, maggiormente solidali con le ragazze, fosse anche per un comune senso di sfida alle autorità.
Ma queste sei ragazze, hanno motivazioni ben più profonde, di un mero gesto di ribellione al sistema per una rivendicazione femminista; rischiare l'arresto e accuse di vario grado in sede penale, è un prezzo che sono disposte a pagare per poter esprimere liberamente la loro passione o un gesto da portare a termine per qualcun altro, in piani sequenza catturano la loro vitalità, la loro volontà, nonchè la loro etica, ben superiore a quella del regime teocratico iraniano, che si ritrova potenzialmente tra le mani il meglio del cinema attuale contemporaneo - in rapporto alle notevoli censure in devono muoversi -, ma incapace di far esprimere i propri talenti al massimo, perchè intento ad imbrigliarli nelle sue assurde pretese ideologiche.
A Jafar Panahi del potere non interessa più, ha rinunciato a smuovere le coscienze degli uomini politici, puntando a sollecitare, con lo sguardo precario della sua macchina da presa, una risveglio di coscienza dal basso, tramite i due personaggi dei militari, incapaci di controbattere in modo sensato e razionale, alle domande mosse dalle ragazze, decantando di agire su ordini altrui; mere pedine su una scacchiera, incapaci di contestare la stupidità degli ordini imposti dall'alto. La vera rivoluzione quindi secondo il cineasta deve partire dai "proletari" sfruttati dal regime, quei soldati che mano a mano diverranno sempre più solidali con le ragioni di queste ragazze, pur arrivando a non identificarsi mai pienamente con loro, perchè i loro corpi sono pervasi da un malcelato senso del dovere nei confronti di un'autorità sempre più irrazionale.
Girato con attori non professionisti, Panahi dirige il cast con estrema sapienza ed abilità, soprattutto per quanto riguarda le sei ragazze - specie la prima che apre il film -, le quali fanno onore al sacrificio del regista, che ha dovuto girare il film in condizioni non ottimali, con alcuni risultati tecnico-registici per forza di cose "incompiuti", impossibilitato per ovvi motivi a correggerli al meglio.
Offside non sarà quindi la punta più alta della carriera del regista, ma complice anche la materia calcistica che funge da motore della narrazione, può essere l'occasione da parte dello spettatore occasionale, per avvicinarsi al cinema di tale cineasta, che a differenza del più celebrato (in occidente), quanto venduto al sistema di Asghar Farhadi, ha preferito le battaglie vere, agli stupidi oscar, non scendendo in stupide quanto ridicole prese di posizioni contro Trump sul "muslim ban", atte solo ad ottenere il benestare dell'accademy - la quale da brava ipocrita lo ha premiato con un secondo oscar -, chiudendo poi beatamente entrambi gli occhi sulla squallida realtà del proprio paese e dei suoi colleghi, che soffrono e combattono contro il sistema.
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