Regia di Philippe Le Guay vedi scheda film
Nella Parigi degli anni ‘60 molte donne spagnole in fuga dalle persecuzioni e dalla miseria del regime dittatoriale di Francisco Franco, sceglievano di emigrare in Francia, in cerca di guadagni e maggiore libertà, pur dovendosi adattare ai lavori più umili. Le ristrettezze e le difficoltà del quotidiano non cancellavano né l’affetto per il loro paese d’origine, né la loro allegria, solidarietà e gioia di vita, irresistibili e contagiose per Jean-Louis Joubert, anonimo uomo d’affari abituato all’artificiosità e alla freddezza della vita borghese, caratterizzata dagli agi di un lavoro redditizio ma sin troppo razionale e ripetitivo, nonché dalla monotonia di un matrimonio ormai privo di brio. È così che il contatto con le vivaci inquiline spagnole del sesto piano del suo palazzo, piano obsoleto riservato alla servitù, diverrà la sua nuova casa e la sua nuova famiglia.
Il valente Philippe Le Guay dirige con tocco arguto e vellutato una piacevole commedia che scalda il cuore, capace di trattare con delicatezza anche argomenti problematici come la discriminazione, la crisi matrimoniale e le differenze di classe. La Spagna dell’epoca appare nell’immaginario dei francesi un po’ come l’Europa dell’Est di oggi, arretrata, rozza, ossequiosamente religiosa, tanto che i due paesi confinanti, si rapportano quasi come fossero due mondi estranei, divisi da un muro di pregiudizi culturali ben più invalicabile dei Pirenei. Il film tratta di differenze soprattutto sociali, laddove alla spontaneità e alla vitalità delle ispaniche si contrappone la diffidenza e compostezza dei francofoni, governati dal pur contestato generale Charles De Gaulle.
Ottimo il cast e ben scritti i ruoli, curate le scenografie e i costumi, la narrazione scorre senza intoppi e non stanca, e anche se il finale appare forse un po’ troppo romantico, tutto sommato lascia un senso di liberazione e ottimismo.
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