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Una separazione

Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Una separazione

di sasso67
10 stelle

Nel 2009 Farhadi colpì con About Elly, un film in gran parte giocato sulla difficoltà, a volte l'impossibilità, di giungere alla verità. Nel parlare di questo, Farhadi non rinunciava ad assestare qualche stoccata all'Iran di Ahmadinejad e in particolare alla sua borghesia urbana, acquiescente ed assuefatta nei confronti del regime, indecisa tra modernità e tradizione, schiava dei suoi riti (la vacanza nella casa al mare) e dei suoi miti, tra i quali un insopportabile maschilismo, sempre troppo duro a morire (e per la verità non soltanto a quelle latitudini).

Con ancora maggiore maturità, il regista iraniano racconta, con Una separazione, una storia urbana, che vede contrapposte una famiglia borghese ed intellettuale ed una proletaria, a seguito della perdita del bambino di cui era incinta la donna della famiglia più povera.

La storia sembra vertere, comunque, attorno a quella che, se non è proprio una paralisi come la Dublino dei Dubliners di Joyce, somiglia da vicino ad una stasi, come quella legata al morbo di Alzheimer, che impedisce al vecchio padre di Nader di parlare, di muoversi normalmente, forse di ragionare. In Una separazione verità e menzogne si intrecciano in un groviglio quasi inestricabile, sul quale fa da detonatore la legge, fino a rendere l'insieme ancora più ingarbugliato e incomprensibile. E la sofferenza si legge su tutti i volti di questi personaggi confusi, in particolare su quelli delle bambine, tendenzialmente le uniche che vorrebbero dire la verità. Il maggior tormento è quello che affligge l'undicenne Termeh (interpretata da Sarina Farhadi, figlia del regista), figlia di Nader, legatissima al padre, tanto da voler restare con lui dopo la separazione dei genitori, ma messa dall'uomo continuamente, forse anche senza volerlo, in situazione di ricatto morale («se me lo chiedi tu, io vado dal giudice e gli dico che lo sapevo»), fino a dover mentire in tribunale per salvarlo dalla prigione.

Farhadi ha già realizzato almeno due ottimi film (i precedenti credo che non siano arrivati da noi), quest'ultimo premiato anche con l'Oscar per il lungometraggio in lingua straniera, ed è un autore sul quale si può contare anche per il futuro (ha da poco superato i quarant'anni).

Gli attori di questo film sono tutti di una bravura quasi sconvolgente ed hanno anch'essi ricevuto giusti riconoscimenti internazionali.

L'Iran sta dando cauti segnali di rinnovamento (nel 2013 è finito il secondo mandato presidenziale di Ahmadinejad ed al suo posto è stato eletto un "riformista") e sarebbe l'ora che fosse cancellata l'assurda condanna di Jafar Panahi, uno dei maggiori autori del paese: il cinema iraniano, comunque, si conferma come una delle realtà più interessanti e vitali dell'intero pianeta.

 

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