Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film
Non fraintendiamoci, il film di Farhadi è un bell'affresco dei rapporti fra uomo e donna in Iran, senza fronzoli e senza illusioni. Ma non regge il confronto con altri esempi di cinema iraniano, a partire dal maestro Kiarostami o "Il cerchio" di Panahi. La qualità di un film non nasce dal confronto con altri film, si sa bene, ma mentre Kiarostami e Panahi erano riusciti nella loro disarmante semplicità a raccontare uomini e donne iraniane (se non bambini iraniani) per estendere la loro esperienza e renderla davvero vicina alla nostra, in Farhadi la storia rimane dentro l'Iran, e, nonostante questo, è anche più comprensibile da noi e più vicina al gusto occidentale. Grande paradosso, comprensibile certo, ma anche che ispira non pochi dubbi. Niente da dire sullo stile del regista, ma la sensazione è che conosca benissimo un certo cinema del passato, a partire dal neorealismo (non necessariamente italiano), perché il nervosismo che lo spettatore prova dopo l'insistenza su certi fatti ingiusti è simile. Ma niente che faccia urlare al capolavoro.
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