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Una separazione

Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film

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La recensione su Una separazione

di steno79
10 stelle

VOTO 10/10 Personalmente l'ho trovato bellissimo: il film di Asghar Farhadi ha avuto un notevole successo di critica e pubblico in tutto il mondo, ha collezionato prestigiosi riconoscimenti come l'Orso d'oro a Berlino, l'Oscar per il miglior film straniero e il Golden Globe, e mi sembrano premi tutti meritati. E' uno dei miei preferiti tra i film iraniani e mi sembra che, rispetto alle opere di Kiarostami, sia più diretto e con minori filtri intellettuali, anche se ne conserva il rigore della messinscena e la limpidità della scrittura.

La vicenda è fortemente rivelatrice della società iraniana odierna su cui il regista getta uno sguardo per certi versi critico; emerge senz'altro la condizione di inferiorità e precarietà in cui è tenuta la donna e il vincolo inestricabile con la religione (in molte scene si parla di giurare sul Corano e la badante Razieh ha bisogno di telefonare ad un'autorità per sapere se è peccato cambiare i panni dell'anziano che le è stato affidato). L'azione mi sembra molto serrata per essere un film orientale e gli elementi di mystery ricordano in parte il cinema di Hitchcock, con un'attenzione al dettaglio quotidiano che ricorda il cinema neorealista, ma anche certe sue filiazioni contemporanee come il cinema dei Dardenne. La sceneggiatura dello stesso Farhadi è assai precisa nella progressione drammatica e nelle notazioni sociali ad essa collegate; la regia la supporta con una resa visiva sempre adeguata e una grande sicurezza nella coordinazione degli aspetti tecnici (ricorrente, ad esempio, l'utilizzo delle inquadrature in soggettiva). Sicuramente è un film in cui i confronti verbali sono fitti di dialoghi, ma questo finisce per non pesare mai grazie alla loro estrema naturalezza e al dinamismo dell'azione che li accompagna, inusuale per un film iraniano; la resa collettiva del cast è stupefacente e attesta, anche qui, un talento assai maturo nella direzione degli attori da parte di Farhadi; una menzione d'onore senz'altro ai due protagonisti Leila Hatami e Peyman Moadi, intensi e problematici nei panni dei due coniugi che si separano Nader e Simin, ma mi è sembrata molto brava anche Sareh Bayat che fa la sfortunata badante Razieh e Shahab Hosseini nel ruolo del suo furibondo marito Hodjat. Le menzogne dei vari personaggi, i loro tentativi di aggiustare la verità a proprio uso e consumo, con le relative crisi di coscienza, ne fanno un film molto attuale e valido a livello universale dove, comunque, si avverte per l'ennesima volta un'eco del mitico capolavoro di Kurosawa "Rashomon" (che già aveva influenzato, fra gli altri, Close-up di Kiarostami). Anche qui pochissima musica di sottofondo, come nei Dardenne o nel recente "Amour" di Haneke, dunque sembra che il miglior cinema contemporaneo proceda in questo lavoro di "sottrazione" della colonna musicale, anche se il tessuto sonoro è reso comunque con grande meticolosità.

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