Regia di Béla Tarr vedi scheda film
Il male, la disperazione, l'inutilità delle cose, la fine. Questo vedo nei lavori di Tarr anche se riesco a perforare solo a tratti l'ermetismo intrinseco della sua arte. Grande incipit con l'anedoto di Nietzsche e il famigerato cavallo che mi ricorda il bressoniano asino Balthazar... Poi i soliti tempi infiniti, i piani sequenza che non 'mollano' mai, le azioni robotiche degli interpreti, il b/n fuso con il sonoro dei venti che spazzano la vita e le terre desolate in questo non luogo di questa non storia. Il tutto prende sempre più le sembianze di uno di quei sogni avvolgenti, senza fine e senza uscite, angoscianti tanto quanto un incubo. Trovo dunque Il Cavallo di Torino, apocalitticamente compiaciuto, ma così inesorabile e senza fronzoli che non posso fare a meno di ammirare Bela Tarr e il suo particolare universo poetico.
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