Regia di Béla Tarr vedi scheda film
Per chi scrive, Béla Tarr rappresenta, non tanto il più grande regista della storia del cinema – e forse, oggettivamente, non lo è nemmeno -, quanto, piuttosto, uno dei più grandi artisti della storia delle discipline artistiche in generale. Lo sdoganamento del cinema come forma artistica riconosciuta (“il film come arte”) fu un’impresa tutt’alto che scontata, ma oggi giorno si può, a ragione, considerare compiuta e consolidata. Eppure, il cinema soffre, forse a causa della sua giovane età, di un inequivocabile complesso di inferiorità. Spesso, riferimenti e accostamenti – non solo di tipo contenutistico, ma soprattutto qualitativo - che giungono dal campo dell’arte pittorica o, peggio ancora, dall’ambito letterario fanno subito scatenare le ire degli esegeti, immediatamente feriti da una tale blasfemia. Non credo invece – e, di questo, ne sono vergognosamente certo - che un’opera come Il cavallo di Torino di Béla Tarr abbia nulla da invidiare ai risultati più alti e lucidi di qualunque forma d’arte d’ogni tempo. A fianco della Divina Commedia, del Giudizio Universale michelangiolesco, dell’Amleto scespiriano, forse, un giorno, troverà posto anche questo inarrivabile testamento dell’Uomo nei confronti dell’Arte e della Vita. Nel frattempo, godiamoci le sue immagini ancestrali, i suoi significati nascosti, le sue domande ataviche.
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