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Il cavallo di Torino

Regia di Béla Tarr vedi scheda film

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La recensione su Il cavallo di Torino

di LAMPUR
2 stelle

Mi accomodo in poltrona per vedermi Béla Tarr, o essere visto da lui, chissà. M’interrogo sullo spirito col quale approcciarsi a tali opere. E forse cado già in errore.
Cercando un approccio dove il film destruttura la visione e smantella gli archetipi.
O perlomeno tenta.
Low budget mi dicono, pale di elicotteri per simulare ventoso turbine perenne, leggo.
E tempi dilatati.
Dii-laa-taa-tiiss-sii-miii.
Osservare e pensare. Pensare ed osservare.
Un'immagine/un'evocazione, una pausa/una reminiscenza.
Forse funziona cosi Béla Tarr.
Vado al pozzo torno dal pozzo. Apro la stalla chiudo la stalla. Guardo il cavallo il cavallo mi guarda (a proposito.. grande attore ‘sto cavallo!...). Riempio il carretto svuoto il carretto. Mi ha ricordato molto lo zen casareccio di Karate Kid (..metti la cera, leva la cera…).
 
Mi spoglio mi vesto (anzi mi veste mia figlia ma, quando m’infila i pantaloni prendendomi sbadatamente dentro anche il braccio paralizzato non dovrei tirarlo fuori io, perché anche se stiamo girando ad estremo low budget lo spettatore, che ormai fa caso - se non s’è appisolato - pure alla polvere ed ha contato e fatto amicizia anche con i tarli sugli scuri delle finestre, non è che si lascia sfuggire simili magagne).
Penso io, attore consumato e manovrato maniacalmente da Béla Tarr, quasi sappia che mi stanno guardando al caldo in poltrona dall'altra parte della camera.
E quando arrivo al pozzo guardo giù. La camera mi segue, guarda giù anche lei ed anche tu allora, si tu, quello a casa in poltrona e senza neanche una bava di vento che trasudi dalle  finestre insonorizzate, noti che il pozzo è prosciugato. A quel punto il dannazione! (a voce ed in sovrimpressione) é d’obbligo. Forse sarebbe dovuto arrivare prima, ma non vorremo stare qui a fare le pulci al Mission Impossible alternativo… qui stiamo terminando il mondo… un po’ di rispetto…
Il cavallo non si muove, il cavallo si muove. Partiamo nella tempesta, torniamo nella tempesta. La camera fissa non c’illumina sull’orizzonte appena scavalcato. Poco affascinante evidentemente perché si ritorna a casa. Lo spettatore è rimasto proprio lì infatti. Dalla parte della collina morta. Niente train de vie colmo di zingari fuggenti dall’altro lato.
Se si deve morire tanto vale farlo qua. Tanto a patate c’è da scialare. E le lampade sono colme. E la brace tiene.
“Padre, cos’è questa oscurità?” Chiede la figlia al buio. “Accendi le lampade”. Ed ecco che la casa, stanza per stanza, s’illumina come il Bolshoi (sarà low budget, ma un po’ di luce non guasta…)
Accendo la lampada spengo la lampada. Cuocio la patata. Sbuccio la patata. Mangio la patata (il papà con una mano sola, e con una mano sola ci mette pure il sale, vita grama ma non sciapa).
 
Fine del primo giorno. Fine del secondo giorno. Fine del terzo giorno.
Ma la figlia la valigia la preparerà a festa, festa frugale ma ottimista.
Ed il padre esorterà a quel “dobbiamo pur mangiare”.
Rassegnazione mista ad istinto di sopravvivenza?
 
Fine del quarto, del quinto e del sesto giorno. Fine dei giorni. Una (ri)creazione a ritroso.
Fine di tutti i giorni…
 
“Perché tutto è in rovina, tutto si sta degradando, ma posso dire che loro hanno rovinato e degradato tutto. Perché questo non è una specie di cataclisma che ci viene addosso dal nulla. Al contrario è questione del giudizio dell’essere umano su sé stesso a cui ovviamente dà una mano Dio o, mi azzardo, a cui prende parte anche Dio e qualunque cosa a cui prenda parte è una delle creazioni più orribili che tu possa immaginare. Perché, vedi, il mondo è nel degrado. Per cui non ha importanza ciò che dico, perché ogni cosa che hanno preso in mano è svilita e siccome hanno preso controllo di tutto in una strisciante e subdola battaglia hanno degradato tutto. Perchè qualunque cosa tocchino, e toccano tutto, degenera. Andava così fino alla vittoria finale, fino alla fine trionfale.
Acquisire, degradare
 Degradare, acquisire
O possiamo metterla diversamente se vuoi: toccare, degradare e quindi acquisire…o toccare, acquisire e quindi degradare. E’ andata avanti così per secoli…ancora e ancora. Questo e solo questo, a volte dal cielo, a volte in modo rude, a volte gentilmente, a volte brutalmente ma è sempre stato questo.
 Ora invece c’è un solo modo…come un attacco di topi di fogna in un’imboscata.
Perché per questa vittoria perfetta era anche essenziale che l’altra parte, che rappresenta tutto ciò che è eccellente, grandioso e nobile in qualche modo, non si ritrovasse ad intraprendere alcun tipo di lotta. 
Non ci doveva essere alcun tipo di combattimento fra le due parti, solo l’improvvisa scomparsa di una delle due, intendendo quella luminosa, grande e nobile. Non c’è un solo piccolo angolo in cui qualcuno possa nascondere qualcosa da loro, perché qualunque cosa su cui possono allungare le mani…è loro. Anche le cose che pensiamo non possano raggiungere sono in loro possesso, perché il cielo è già loro, e così tutti i nostri sogni. Possiedono i momenti, la natura, l’infinito silenzio
Anche l’immortalità è loro capisci?
 Tutto….tutto è perso per sempre!!!
E tutti quei nobili d’animo, grandi, eccellenti…sono rimasti così…se così si può dire. Si sono fermati a questo punto e dovettero capire che non c’è Dio e non ci sono Dei…e dovettero capirlo dal principio. Ma naturalmente erano abbastanza incapaci di capirlo… Lo credevano e lo accettavano…ma non lo comprendevano. Rimasero lì…sconcertati ma non rassegnati finché qualcosa, quella scintilla nella mente, finalmente li illuminò. E tutt’a un tratto realizzarono che non ci sono Dei né Dio, tutt’a un tratto capirono che non c’è né il bene né il male. Poi realizzarono che se era così, allora loro stessi non esistevano! Vedi, io calcolo che quello possa essere stato il momento in cui abbiamo potuto dirli estinti, si sono spenti. Estinti e spenti come fuoco lasciato a covare sotto la cenere in un prato. Uno era vincitore costante…l’altro il costante perdente. Sconfitta, vittoria…e un giorno, qui nel vicinato, ho dovuto realizzare che mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso quando pensavo che non ci fosse mai stato e che non ci potesse mai essere cambiamento su questa Terra

Perché, credimi, ora so che quel cambiamento c’è stato eccome”
(monologo del vicino di casa -  copincollato da kikisan che l’aveva copincollato da yume)
 
Ci sarà anche della tecnica in Béla Tarr. Della buona geometria visiva. Zoomate a ralenty e piani sequenza in circolo. Splendida anche la musica clonata da Brian Eno e dal suo Music for factory.
Ci sarà del vuoto che arreda e dell’ombra insinuante che barrylyndoneggia,
ma invano.
Si tende allo sfacelo dello sfacelo con efferata spavalderia mista ad elementare incuria.
Credo si tenda all’annientamento, ma anche dello spettatore.
Ed a spettatore annientato, corrisponde giustamente la Fine del Tutto.
E’ una tecnica pure questa.
 
* * *
 
…ed anche loro sono alla fine. Il cataclisma è qui alla porta. Il fuoco si è estinto - dice la piccola al padre (o perlomeno sottotitola la pellicola, metaforeggiando forse una Fine dinosaura)  - il buio sommerge, un ultima luce riappare, speranza o ugello difettoso che esala l'ultimo respiro divino?
 
Non si saprà mai.
Béla Tarr dice che non girerà più film.
(lo disse pure Olmi)
Speriamo che almeno lui sia di parola.


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