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Il cavallo di Torino

Regia di Béla Tarr vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Il cavallo di Torino

di alan smithee
10 stelle

Il rigore di una messa in scena fatta di lunghe sequenze in cui la macchina da presa - tutt'altro che fissa -  pedina ossessivamente i tre personaggi (padre, figlia e cavallo), un bianco e nero che accentua il disagio creato da una natura ostile e ingestibile, in cui un vento sferzante prepara un evento inaspettato che solo l'animale, con il suo istinto, puo' percepire. Un opera straordinaria che sembra concepita da un emulo di Dreyer, da un suo dotato discepolo che sa gestire i tempi dilatati senza farti perdere un attimo dei gesti e delle azioni apparentemente ordinarie se non banali dei protagonisti.
L'ungherese Bela Tarr - colpito dalla vicenda di Nietsche che, alle porte di Torino, viene folgorato dalla visione di un anziano cocchiere che percuote violentemente l'anziano cavallo che non vuole camminare, e ne viene a tal punto turbato da impazzire e vivere gli ultimi dieci anni di vita come inebetito - immagina di riprendere questo episodio trovando un epilogo ai due personaggi meno noti della vicenda, ossia il vecchio e il suo cavallo. A questi due si aggiunge la figlia dell'uomo, presso la quale il vecchio fa ritorno con l'animale stanco e impaurito, mentre tutto attorno la natura circostante sembra ribellarsi alle regole che da sempre hanno governato la desolata steppa che li circonda. E' una vita dura, fatta di pasti frugali con patate bollite e poco altro, acqua presa tra mille difficolta' presso un pozzo che si sta lentamente prosciugando. E intanto l'animale, chiuso nella stalla, si rifiuta di camminare e di mangiare, come se stesse aspettando l'arrivo di un evento che non lascera' scampo. Un film di attese, di osservazioni dei gesti dei tre protagonisti, ripresi spesso di spalle nei sei giorni che precedono l'evento misterioso, spiati nella rassegnazione che li spinge piu' che altro a sopravviere.
Premiato a Berlino 2011 con il Gran premio della Giuria, il film di Bela Tarr racchiude in se' il mistero di un qualcosa che incombe e non lascera' scampo: e quando durante la notte la bufera sembrera' di colpo calmarsi, l'ansia che gia' correva nelle vene dell'uomo e di sua figlia non fara' che aumentare perche' permettera' di sentire rumori ancora piu' inquietanti di quello - al confronto rassicurante - della tempesta incessante che da tempo immemore li avvolge in un limbo tetro e sinistro.
Un capolavoro che lascia senza fiato e ti prende a se' come e piu' di un thriller mozzafiato, scandito da una musica che seppure in sottofondo risulta penetrante come l'organo di una lunga spossante celebrazione religiosa, e rende ancora piu' solenne la sacra rappresentazione di una agonia senza scampo, che e' forse quella che ha portato nell'abisso della disperazione il celebre filosofo tedesco.

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