Regia di Paddy Considine vedi scheda film
Peter Mullan appare sullo schermo e fa paura, subito. L’attore scozzese emana vibrazioni di violenza perfino stando fermo, crea intorno a sé un campo magnetico di pericolo che è il tratto distintivo di molti suoi personaggi. Uno dei pregi dell’opera prima di Paddy Considine (altro attore che, proprio come Mullan, è passato dietro la macchina da presa) sta nell’incredibile gamma emotiva della per-formance del protagonista, che entra in scena con il consueto sentore di brutalità (e per prima cosa prende a calci un cane: il suo cane, il suo migliore amico) e arriva nel corso del film a gesti di tenerezza disarmante. Il suo Joseph, vedovo di un donnone che si pente di aver chiamato Tirannosauro, cerca solo obiettivi su cui vomitare una rabbia scriteriata, viscerale, l’unico sentimento vero che gli sia rimasto. Passa rapidamente dall’essere solo con un cane all’essere solo come il proverbiale cane, e si nasconde nel negozio di Hannah per sfuggire all’ennesima banda di ragazzini che ha fatto incazzare per sfogarsi. Hannah, che con la violenza cieca divide il letto nuziale, pensa che sia stato dio a mandarlo; Joseph di dio pensa cose irripetibili, ma la somma di due disperazioni a volte dà un curioso, ammaccatissimo intero. Da autore/attore, Considine ha la sensibilità giusta per dirigere due interpreti ottimi, i cui volti sono grumi di dolore rappreso, vittime che soffrono di più nel diventare carnefici. E che quando si aprono, inaspettatamente, alla speranza, volano altissimo.
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