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La fuga di Martha

Regia di Sean Durkin vedi scheda film

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La recensione su La fuga di Martha

di supadany
8 stelle

Martha Marcy May Marlene” è un film che lascia il segno, un esempio del miglior cinema formato Sundance (nell’edizione 2011 vinse il premio per la miglior regia) che si avvale di un ottimo metodo di lavoro, racconta, e bene, una storia tanto insidiosa quanto insitamente fastidiosa e porta alla ribalta un’attrice sulla quale si può scommettere per il futuro, ovvero Elizabeth Olsen.

Una mattina, di soppiatto, Martha (Elizabeth Olsen) abbandona la comunità religiosa gestita da Patrick (John Hawkes) con la quale aveva condiviso gli ultimi due anni della sua vita per ritrovare la sorella Lucy (Sarah Poulson) che pensava di averla ormai persa per sempre.

La giovane ragazza è però profondamente segnata da questa esperienza, Lucy e suo marito Ted (Hugh Dancy) provano ad aiutarla, ma gli squilibri sono sempre più soffocanti e rimuovere quanto passato pare impossibile, con l’incubo incombente che questo torni a manifestarsi.

 

 

Fin dall’inizio, con la fuga, la tensione è palpabile, quasi soffocante, ma non si tratta di un momento sporadico, ma di un incipit che trova conferme continue, grazie ad una costruzione (in questo la regia è di grande impatto) che alterna i ricordi indelebili al presente invivibile.

Il passato (forse) non ritorna, semplicemente perché anche “solo” mentalmente non ti abbandona mai, certi vissuti non si possono accantonare in alcun modo, nemmeno con l’impegno di chi fa più del possibile per aiutarti.

D’altronde la realtà della comunità in questione è agghiacciante quanto la facciata, e con essa il primo impatto, siano quasi rassicuranti per chi viene da una vita difficile (i dettagli sparsi sui precedenti di Martha ci aiutano a capirlo) e quando finisci dentro questo malato ingranaggio tutto diventa maledettamente insuperabile.

Il pensiero ed il cuore sono segnati, la abitudini sono ardue da elidere (si torna a quanto sopra, nel mescolare i vari strati temporali si adoperano soluzioni virtuose), la paura è sempre lì, pronta a saltarti addosso anche quando riapri gli occhi dopo un lungo sonno.

Buona la descrizione dei personaggi chiave, il santone Patrick è crudele e secco (non solo fisicamente), e John Hawkes riesce ad essere glaciale in ogni suo atteggiamento (anche quando appare caritatevole), ma soprattutto stordisce la figura di Martha, con un’interpretazione devastante da parte di Elizabeth Olsen che mostra fin da subito un campionario espressivo possibile a poche attrici sue coetanee.

Il finale invece è in linea con tutta la costruzione precedente, lascia il dubbio, il groppo in gola, tra speranza e paranoia (o prossima realtà?), chiudendo il discorso con coerenza e precisione.

Lacerante e disturbante.

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