Regia di Sean Durkin vedi scheda film
Una giovane donna corre attraverso il bosco dove si è nascosta per due anni, in una comunità che si faceva chiamare famiglia ma l’ha tradita come la casa da cui era scappata. Torna nella vita della sorella maggiore Lucy, però non la lascia mai avvicinare al suo vissuto. Nella casa sul lago dove Lucy trascorre le vacanze insieme al marito, la ragazza si muove intorpidita e silenziosa. Si scontra con i parametri della “normalità” che la setta ha fagocitato e ribaltato. Respinge i titubanti tentativi d’intrusione. Rivive i ricordi che affiorano da un oggetto e da un suono. Cova la compresenza irrisolta di nomi (im)propri. Nata Martha, è stata ribattezzata Marcy May dal piccolo mondo adottivo fintamente libero e sottilmente crudele. L’esordio nel lungometraggio di Sean Durkin è un’opera delicata e disturbante. Abbraccia il campo visivo della protagonista senza mai cedere al ricatto della spiegazione. Così gli occhi velati, inquieti di Elizabeth Olsen diventano la nostra porta sulla sua realtà delle cose. Comprimono e rilasciano emozioni come un muscolo cardiaco. Ci lasciano entrare negli spazi chiusi dove è stata indottrinata e di cui ripete le parole come un eco dall’inconscio. Quindi ci respingono, riportandoci sul lago che separa solo provvisoriamente il passato dal presente («Quanto siamo lontane da ieri?» chiede Martha a Lucy). Il futuro è un’illusione mai cullata, in un crescendo di tensione che lascia soltanto presagire il suo apogeo.
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