Regia di Sean Durkin vedi scheda film
Martha fugge da una comunità nella quale ha vissuto due anni, per ritornare dalla sua famiglia rappresentata unicamente dalla sorella maggiore, sposata e incinta. Il film attraverso l’uso dei flashback si muove su piani narrativi incrociati, uniti dall’entrata in scena di Martha, capace di evidenziare con modalità proprie le contraddizioni che maturano all’interno di vecchie e nuove forme di convivenza sociale. Il bravo regista T.Sean Durkin, qui al suo esordio, basa gran parte del racconto sul non detto, su ciò che non si vede, e che resta la parte più pressante dell’intera costruzione del film, ma la sua non è né una scelta di comodo o un facile espediente narrativo. Se la presunta armonia famigliare viene scombussolata dall’arrivo di Martha, che manifesta comportamenti disturbati e anomali che mettono in forte apprensione la sorella, in realtà la permanenza fisica della ragazza denuncia aspetti imprevisti e sostanzialmente misteriosi che ha vissuto all’interno della setta, condizionandola. In questo ambiente scenico invece, nonostante il regista ne centelli gli aspetti descrittivi e ideologici, l’atteggiamento di Martha sottolinea quello che non trovava nella sua famiglia di origine. La setta si rivela animata da intenti assai discutibili e negativi che indurranno la ragazza alla fuga. Il film adotta un linguaggio vicino al thriller psicologico, in cui l’analisi e la riflessione prevalgono sull’azione. Martha, interpretata da una brava quanto bella Elizabeth Olsen incarna dentro di sé gli aspetti positivi e negativi di esperienze tanto lontane e diverse. Ne scaturisce un ritratto femminile turbato dalle vicissitudini ma anche anticonformista e indipendente dalle sovrastrutture di ruolo e di aggregazione che hanno condizionato la sua esistenza, Martha ha solo bisogno del tempo giusto per elaborare cosa queste esperienze muovono dentro di lei. La regia non solo non scende a patteggiare giudizi che impoverirebbero sia il contenuto morale che la tensione che si respira, ne mostra soprattutto le implicazioni psicologiche che sconvolgono la giovane e la lasciano senza punti di riferimento. La fuga di Martha è un piccolo significativo ed interessante film intriso di un’atmosfera straniante e sospesa, in cui anche il tempo perde la sua definizione, lo spazio stesso si trasforma (Martha non sa più dov’era la setta, quanta strada ha percorso ). Il finale quanto mai aperto ed enigmatico più che una minaccia reale trasforma l’intero film in un possibile percorso di formazione, alla ricerca della maniera per staccarsi da ogni dipendenza. Soprattutto rivela come l’interno della vita, di ciò che ci circonda e che ci nutre anima e corpo, sia visibile obiettivamente solo da un punto di vista esterno, mentre il crearsi nuove dipendenze interiori senza risolvere le proprie contraddizioni non aiuta a trovare la propria identità, il proprio posto nel mondo, e quella sacra unicità che ci distingue l’uno dall’altro all’interno di qualsiasi gruppo di esseri umani.
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