Regia di David Cronenberg vedi scheda film
C’è il romanzo, ma non c’è l’epopea. C’è la verità, ma non c’è la cronaca. Un racconto immerso nella rassicurante “medietà” di una storia qualunque. Di amore e di scienza, le due cose che più di ogni altra rendono l’uomo imprudente. Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Due modi contrastanti di affrontare l’ignoto. Sono i protagonisti di una vicenda in cui la realtà mostra il suo lato in ombra, inafferrabile perché avvolto in qualche forma di menzogna, che si può chiamare rimozione, tradimento, mito. E in ogni caso attrae e spaventa nello stesso tempo. Sabina Spielrein è l’incarnazione di ciò in cui, in tutti i sensi, è terribile affondare le mani: la follia, la violenza su una bambina, una sessualità deviata, un istinto represso, una signorina dell’alta borghesia che vuole diventare psichiatra. In una clinica svizzera di inizio Novecento, uno studio medico diventa una porta spalancata su un nuovo che passa attraverso trasgressioni innominabili. Il peccato si associa al dolore per infrangere i tabù di un’intera società. Ciò che esce dai canoni è illogico e fa male, eppure ci consegna all’avventura di un futuro diverso. Quella donna, inquadrata in un mondo estremamente convenzionale, però tanto fragile e indifesa, è il punto debole del sistema. È l’essere sottilmente deviante che ne rivela l’imperfezione. Quella piccola breccia è il principio di una rottura generale, che interessa per primi i rapporti più superficiali, come quello tra due coniugi che non sanno più il motivo per cui stare insieme, o quello tra un dottore ed una sua paziente che preme per uscire dal ruolo della pazza da curare. Ovunque, là in fondo, si annidi un perché senza risposta, la normalità imposta dalla prassi si spezza come l’incantesimo operato da un mago maldestro. Tutto accade così, semplicemente, come avviene tra la gente comune. Non occorre essere grandi per cedere all’inevitabile. Ancora una volta, David Cronenberg sceglie di guardare al mistero attraverso il minuscolo spioncino dell’individualità, che lo fa apparire sfocato ed informe, ma al contempo riveste di un’importanza universale anche le sue manifestazioni più particolari. Qui non compaiono figure mostruose, dato che i paradossi sono quelli interiori, di stampo morale, come quello di una persona che gode nel soffrire, o di carattere metodologico, come quello di uno scienziato che si affidi ciecamente a ciò che sfugge alla sua comprensione. Sabina è affetta da masochismo, Carl crede nella parapsicologia. Entrambi hanno il coraggio di portare alla luce i retroscena sinistri dell’anima, che appartengono al recesso profondo in cui tutto trova spiegazione. Sono il passato sepolto che viene in superficie, per diventare l’avanguardia del cambiamento. Iniziare a pensare in maniera autonoma, ed aprirsi al dubbio, per entrare nel territorio della sperimentazione: è così che si impara la vita. Guardarsi indietro per capire in quale direzione procedere. La religione serve proprio a questo. Alla base di tutto si scorge una scommessa che è puro azzardo, e può costare molto caro, ma è l’unico modo per giocare. È il principio del metodo pericoloso che, da sempre, fa dei personaggi croneberghiani i pionieri di un sogno che ha tutti i requisiti per trasformarsi in un incubo. La conoscenza non si costruisce senza guardare in faccia il diavolo.
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