Regia di Sam Levinson vedi scheda film
o un'altra famiglia americana felice. di scheletri negli armadi le famiglie di un certo ceto stelle e striscie non finiscono mai di tirarne fuori. i baker sono una grande famiglia del sud benestante. lynn(barkin) coi figli elliott(miller) e ben(yelski)si recano dai genitori doris(burstyn) e joe(kennedy, bentornato)per il matrimonio di dylan(nardelli) il primogenito di lynn col primo marito paul(church). lynn è un concentrato di isterismi e psicopatologie, che ovviamente ha trasferito ai figli, soprattutto elliott reduce da una cura disintossicante e alice(bosworth) la secondogenita di lynn con paul, nominata per gran parte del film e poi apparsa in pompamagna durante una cena di famiglia in una bella scena. sembra tra l'altro che tutto il resto della famiglia abbia scientemente trasferito su lynn e i suoi figli ogni tipo di disturbo mentale possibile, rimanendo una sana famiglia e spettegolando a più non posso sulla pecorella smarrita e nera. il film scritto e diretto da sam levinson(figlio di barry)è scritto e diretto bene, con qualche stonatura soprattutto quando si tenta di virare un pò nel leggero e nell'umorismo. sembra accorgersene e difatti corregge subito il tiro. non mi ha disturbato affatto che i baker sembrino l'esempio tipo di tutte le storture americane possibili. sono un esempio, un cliché e va bene così. lynn è il personaggio preferito dello sceneggiatore e la barkin all'epoca era la fidanzata del regista e la produttrice del film e anche se ci si affanna per dipingerla piena di difetti, notiamo spesso il dito puntato verso gli altri. le due sorelle bonnie(fallon) e donna(scarwid, bentornata)sono due pettegole di provincia che con la lingua di professione scartavetrano le carene delle petroliere(priscilla insegna sempre)e non avrebbero stonato affatto nel gruppo di donne del sud di "fiori d'acciaio", ma appunto non sembrano altro. c'è da dire che in un film che dura abbondantemente meno di due ore(anche un quarto d'ora fa la differenza), la cura con cui la penna ha tratteggiato ogni singolo personaggio è rimarchevole. e soprattutto mi è piaciuto il senso di reale angoscia che il passaggio dal provare fastidio per lynn e i suoi figli al provare simpatia per loro, mi ha accompagnato la visione. forse ha ragione elliott quando davanti alla telecamera del fratellino ben(a cui hanno diagnosticato una leggera forma di autismo, tanto per non farci mancare nulla)fa la telecronaca della famiglia e additta nonna doris come la fonte di molti mali se non tutti. doris è una donna sfuggente. autoritaria che non gradisce essere colta in fallo di sentimenti. segnata profondamente dalla malattia degenerativa del marito joe, non sta mai dalla parte della figlia lynn. anzi è infastidita da questa forsennata esigenza di dover sempre spiattellare tutto davanti a tutto e tutti. lei, donna del sud abituata a dissimulare e occultare il più possibile, come evidentemente ha insegnato alle altre figlie, impegnate più che altro a bere martini in grossi bicchieri e macinare cattiverie su chiunque. poi arrivano anche paul(church appunto) e la seconda moglie patty(la moore, strepitosa). e qui la battaglia si apre sui figli maggiori di paul e lynn. lo sposando dylan cresciuto da paul e patty e alice cresciuta da lynn, sola. il maschio cresciuto senza drammi alla fine sceglie la mamma biologica per essere accompagnato all'altare a scapito della matrigna, mentre alice reduce da un'intensa cura per le automutilazioni sembra nascondere un tremendo dramma irrisolto col padre. per essere "l'ennesimo" film su di una famiglia che si riunisce per un matrimonio poteva veramente uscire male, male, male. il film invece per quanto mi riguarda regge per tutta la durata, riuscendo tutte le volte che pare cedere a risollevarsi, fino al finale che pare consolatorio ma che invece(forse)pone le basi per un nuovo inizio per questa trasandata e malandata happy family. comparto attoriale da paura. a parte la pupa del regista ellen barkin che spero abbia denunciato il chirurgo che le ha snaturato la bocca con quegli orrendi gommoni anni novanta fuori legge, praticamente sotto stretta sorveglianza della telecamera(pago, mi riprendi!!!), abbiamo lo sregolato del recente cinema indie americano ezra miller(a proposito di kevin e il bellissimo noi siamo infinito), la biondina kate bosworth non male nei panni dell'autosuppliziante la strepitosa demi moore sempre molto a suo agio nelle produzione un pò indie e sempre molto bella(da delirio la scena tutta sua quando si scatena nel ballo sul dancefloor, dopo che lynn le ha datto della ballerina da nightclub), i ben ritrovati diana scarwid e george kennedy(veterano con ben 180 caratterizzazione all'attivo), la meravigliosa ellen burstyn che invecchia divinamente e anche in un ruolo da co-protagonista riesce a rendere la forte dualità di una donna che pare avere due lati ben contraddistinti e poche sfumature perchè così le hanno insegnato. da segnalare anche jeffrey demunn nei panni del pragmatico secondo marito di lynn, un'isola di salvezza per lei. insomma, per quanto mi riguarda un film che non bisogna lasciarsi sfuggire.
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