Regia di Sam Levinson vedi scheda film
Involuzione della famiglia americana in salsa Sundance, una sorta di "Rachel sta per sposarsi" in versione depressione ed analisi. Vecchi rancori, focolari allargati, tossicodipendenze varie, frustrazioni, delusioni, sessualità represse e ancora una volta i preparativi di un matrimonio a mo' di detonatore generale. Formula già vista e qui portata all'eccesso da uno script che si accanisce sui propri personaggi senza esclusioni di colpi, annientandoli, ridicolizzandoli senza mezzi termini. Il figlio d'arte in cabina di regia non è poi da meno; Sam Levinson infierisce infatti con la macchina da presa esitando ed insistendo su situazione e passaggi di ordinaria follia rendendoli a tratti insostenibili. Una sorta di accanimento terapeutico su figure completamente allo sbando che forse vorrebbero soltanto lasciarsi morire. O forse no, come il finale c'indurrebbe a pensare ma poco importa, lo spaccato di middle class che ne emerge è comunque compromesso, malato, irreparabilmente bacato. Esagerazioni ed esasperazioni a parte, "Another Happy Day" è comunque lo sfogo indie che ci si può aspettare, perso fra apatie adolescenziali e crisi di mezza età dettate dal senso di colpa. Cast spettacolare con un'insostenibile ma efficace Ellen Barkin in testa. I suoi confronti con Ellen Burstyn, Demi Moore, Ezra Miller e Thomas Haden Church sono devastanti.
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