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Another Happy Day

Regia di Sam Levinson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Another Happy Day

di darkglobe
7 stelle

Film abbastanza curioso, forse poggia in maniera eccessiva sulla qualità del cast

Film mai distribuito nelle sale nostrane ma reperibile in home video, vincitore dello Screenwriting Award al Sundance Film Festival e premiato all'Hamptons International Film Festival, segna il debutto alla regia di Sam Levinson, figlio d’arte, anche autore della sceneggiatura.

Ellen Barkin

Another Happy Day (2011): Ellen Barkin

Il cast è considerevole e la storia è il tipico dramma di una disordinata famiglia americana della middle-class, anche se questo dramma viene proposto con un certo cinismo narrativo mirato ad esaltare gli aspetti tragicomici della storia.
Lynn (Ellen Barkin, Seduzione pericolosa, Mac, Paura e delirio a Las Vegas), madre nevrotica, conduce a casa dei genitori, in Anneapolis, i suoi due figli nati dal secondo matrimonio con Lee (Jeffrey DeMunn), uno strambo personaggio retrò: si tratta di Elliot (Ezra Miller, Afterschool, Noi siamo infinito, Animali fantastici), disincantato ed incallito tossicodipendente con improvvisi irrefrenabili scatti d'ira contro la madre che arriva a colpire in faccia, e Ben (Daniel Yelsky), ragazzo affetto da una lieve forma di Asperger, inseparabile dalla sua videocamera con cui riprende, quasi come un commento fuori campo, le vicende familiari che si susseguono.

Ellen Barkin, Michael Nardelli

Another Happy Day (2011): Ellen Barkin, Michael Nardelli

Ad Anneapolis si celebrerà il matrimonio di Dylan (Michael Nardelli) con Heather (Laura Coover). Dylan è uno dei due figli che Lynn ha avuto dal suo precedente matrimonio con l'allora violento Paul (Thomas Haden Church) e che il padre ha voluto con sé, lasciando con la madre l'altra figlia comune, Alice (Kate Bosworth, Still Alice, 90 minuti in paradiso), ragazza problematica che ha la tendenza ad infliggersi sofferenze corporee per esprimere il proprio disagio nei confronti della mutilata affettività paterna.

Demi Moore

Another Happy Day (2011): Demi Moore

In questo contesto si innestano i pessimi rapporti di Lynn con la spogliarellista Patty (Demi Moore), sfacciata ed invadente nuova compagna del suo ex, e con la madre Doris (Ellen Burstyn, L’ultimo spettacolo, Providence, Requiem for a Dream), insensibile, razzista e spudoratamente incline a parteggiare per l'ex della figlia.
A completare il quadretto familiare vi sono Joe (George Kennedy, Nick mano fredda, Il giustiziere) padre di Lynn, cardiopatico ormai parzialmente fuori di testa e le sorelle, che deridono Lynn e vomitano fiele contro lo stralunato Elliot.

Ellen Burstyn, George Kennedy

Another Happy Day (2011): Ellen Burstyn, George Kennedy

Questa riunione familiare, tra mogli, mariti, amanti, ex, figli e figliastri e genitori insensibili o tristemente rincoglioniti ha effetti come prevedibile disastrosi.

Il film è essenziale nella scenografia e basilare nelle inquadrature, al punto da far pensare quasi ad un'opera TV; ma la introspezione psicologica dei personaggi è comunque significativa quando si rappresentano le dinamiche di interazione tra familiari che mostrano un flusso incontenibile di rabbie, rancori e sensi vari di colpa. Convince la Barkin, nel ruolo di madre nevroticamente umorale pur se pienamente cosciente dei propri limiti genitoriali; assai toccante anche la parte della bravissima Bosworth, la figlia soltanto evocata per tutta la prima metà del film proprio perché il suo arrivo al ricevimento rappresenterà lo zenit dopo il quale tutto inizierà a collassare

Kate Bosworth

Another Happy Day (2011): Kate Bosworth

Elliot pare il più lucido di tutti, nonostante la sua odiosa violenza e sebbene sia continuamente offuscato dal continuo uso di stupefacenti, arrivando a postulare la morte come una forza più unificante dell'amore, avendo percepito il valore della famiglia solo di fronte ad una catastrofe come l’11 settembre (sembra di ascoltare i discorsi di Jack Gladney in White Noise).

Un film abbastanza curioso, che ha le sue fondamenta nell’archetipo matrimoniale inaugurato da Altman che trasformava la sacralità delle nozze in un agone di bassezze umane. Qui viene però il lecito sospetto che la qualità del cast sia sfruttata come sorta di paracadute (ma la regola che un buon gruppo di attori basti da solo a fare un buon film è quasi sempre disattesa). Inoltre se con alcuni personaggi femminili (come con la Patty di Moore) si sconfina nella sguaiataggine caricaturale, con altri la componente drammatica pare esondare, raffigurando percorsi umani in equilibrio instabile o in via di disfacimento, per i quali sembra che non vi sia alcuna soluzione salvifica o almeno consolatoria.

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