Regia di Paul Schrader vedi scheda film
Schrader con "Mishima" firma un apologo intenso ,intriso di cinema e rituali giapponesi, conclamati nelle figura radicale e complessa di un poeta votato alla morte.
"Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata forse non è che un fragile vetro"
Yukio Mishima.
Uno come Mishima incarnava l'essenza stessa di queste parole, uomo di lettere, pensate, fantasticate e scritte, ma sopratutto "uomo d'azione" e puro di spirito, il cui narcisismo "etico" era basato su un ideale di giovinezza incorruttibile nell'animo, contrapposta alla paura del decadimento fisico.
Quello di Paul Schrader è un apologo denso di rigore morale e perfezione stilistica, affondato su un cinema di alta levatura, tra letteratura e formalità registica, uno stile intenso che assimila i dettami interiori di Bresson e compone le scene secondo la lezione nipponica di Ozu.
Nella galleria dei "personaggi maledetti" di Schrader, Yukio Mishima rappresenta l'etica di un uomo controverso,complesso e dalle mille sfaccettature.
Il regista non sceglie dunque la strada di un semplice biopic,ma segue una strada più legata a una visione "sperimentale" di cinema, congelandone la visione, sospesa tra la finzione di un set cinematogrofico e un empirico lirismo letterario.
La storia s'intreccia in pura biografia, slegata in 4 capitoli che vanno ad intrecciarsi con le opere letterarie dello stesso Mishima, incanalando emozioni, sogni, pensieri e azioni del vero "Sensai" che quasi interagisce coi personaggi dei suoi scritti.
Straordinaria la fotografia di John Bailey, dal rigoroso bianco e nero che immortala l'infanzia da emarginato dello scrittore, sino al presente e ai capitoli letterari che ci restituiscono colori forti e netti, fatti di luci e tante ombre che costituiscono la personalità poliedrica dello scrittore.
Il primo capitolo "Il Padiglione d'oro" ci presenta un ragazzo balbuziente, con evidenti difficoltà di relazione con l'altro sesso, causati dalla "bellezza" che trasuda il tempio d'oro, che irretisce e inibisce il giovane, costretto a distruggere il meraviglioso padiglione per riaffrancarsi della sua virilità.
il secondo capitolo "La casa di Kyoko" presenta un giovane attore narcisista, ossessionato dalla bellezza eterea del suo corpo,ed incapace di stringere legami profondi con le donne. Il giovane per pagare un ipoteca su un locale gestito dall'anziana madre, venderà il suo corpo ad una donna di mezz'età che in un perverso gioco sadomasochistico ne deturperà il bellissimo corpo, portandolo all'autodistruzione.
il terzo capitolo "Cavalli in fuga" inscena l'epopea di un giovane fanatico che inneggia all'imperatore e all'esercito giapponese,contro i politici corrotti che hanno venduto l'anima al capitalismo. La sua azione sovversiva fallisce, con il giovane che pratica "il seppuku",il suicidio rituale dei Samurai come extrema-ratio di ribellione
il quarto capitolo "Armonia tra penna e spada" è il culmine filmico con il suicidio dello stesso Mishima, una sorta di capitolo ibrido che va ad intrecciarsi con gli altri tre capitoli, in un susseguirsi di azione, pensiero e filosofia della morte perpetrata dallo scrittore ai suoi accoliti,secondo una filosofia di "purezza dello spirito" che si rifà al pensiero dei Samurai.Il tutto avrà il suo apice il 25 novembre del 1970 quando Mishima e i suoi invadono il parlamento in una sorta di "putsch" dimostrativo sul decadimento della cultura giapponese e l'estremo sacrificio dello scrittore.
Schrader usa così nei primi tre capitoli compie una sorta di "parafrasi" personale dello scrittore, affiancando ad ogni capitolo la dicitura di "bellezza, arte e azione", tre componenti principali della letteratura di Mishima. Ne emerge un ritratto vivido e intenso, basato su un ideale di purezza del corpo e dello spirito, basato su un narcisismo "etico" ed estetico, sui canoni della bellezza greca che tanto affascinavano lo scrittore nipponico.
Alcune scene rimangono impresse nella perfezione estetica e raffinata, emblematica in tal senso la raffigurazione del giovane attore narciso che mentre giace a letto con una donna dissertando sulla bellezza fisica, con la giovane ragazza che mostra al giovane la vera essenza dell'amore, ovvero il rispecchiarsi l'uno nell'altro. Colpisce in tutto ciò la delicatezza dell'immagine, sempre raffinata e mai volgare.
L'aspetto sessuale è infatti uno dei temi centrali del film, portato alle radici "edipiche" del bimbo Mishima, al suo rapporto con la nonna autoritaria e sull'immagine di un libro di arte,relativa al martirio di San Sebastiano che fu causa nel piccolo Mishima del primo turbamento erotico.Tutto ciò lo ritroviamo nell'opera "confessioni di una maschera" che approfondisce e svela il complicato rapporto di Mishima con la propria omosessualità, respinta e pur cercata nella perfezione estetica e nell'attrazione verso i giovani corpi di ragazzi.
Schrader ha il merito di non portare ciò ad un livello di puro "voyeurismo", sottolineandolo nella mentalità dello stesso scrittore, nella sua ossessione per il corpo tonico e allenato, nel timore inveterato di un decadimento fisico che si affaccia nella famosa scena del gay bar, dove in un passo di danza il suo amante ribadisce a Mishima la sua flaccidità fisica.
Elementi questi che furono censurati in Giappone per volere della vedova Mishima, ma che chiarificano una personalità poliedrica e da romanzo, che emergono prepotentemente in quest'opera sui generis firmata da Schrader in cooperazione col fratello Leonard,già sceneggiatore del bellissimo "Yakuza" di Pollack del 1974.
E' proprio il rigore formale che impregna l'opera a fare la differenza, la profonda conoscenza e lo studio della cultura giapponese che porta Schrader a farci conoscere al meglio il nazionalismo radicale di uno scrittore maledetto, di un poeta che ambiva alla purezza dello spirito, ad una pulizia morale, relativizzata in un "fascismo" etico ed estetico, basata sulla pura azione di un corpo che ambisce alla perfezione e alla regalità dell'anima.
Oltre alle parole,alle fantasie e alle illusioni poetiche,in questo film colpisce la centralità del corpo come strumento di azioni e idee, quel corpo allenato e militarizzato che come un antico Samurai Mishima decide di esporre e sacrificare nel nome di un ideale puro, ma fortemente utopico, dove emerge l'attrazione per la morte. Tutto ciò non si esaurisce con la morte di Mishima ma rimarrà nelle sue meravigliose opere, condensate in questo ottimo film, sulla figura di un uomo controverso ma coerente sino alla morte nell'ideale di "purezza" dell'uomo, magnificamente incarnata nell'ottima performance di Ken Ogata che ci regala un personaggio pieno di tormenti e sfaccettature e che forse avrebbe meritato il premio come miglior attore a Cannes nel 1985.
Di questo film ci rimangono le immagini vivide e potenti, la bellissima musica di Bliss e il rigore artistico di Schrader che dipinge con eleganza una vita maledetta, ma estremamente e irrimediabilmente intrisa di purezza e poesia....
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