Regia di Catherine Hardwicke vedi scheda film
Catherine Hardwicke, o del nuovo fantasy horror anemico. Il sangue è solo nel titolo (italiano): dopo aver confezionato il primo capitolo di una saga di vampiri in cui non si vede mai una goccia di plasma, la regista passa ai lupi mannari, lasciandoli egualmente a secco di materiale ematico. Triangolo che vince non si cambia, così la favola dei fratelli Grimm si apre a echi twilightiani e vede la bella Valerie contesa (e un po’ indecisa) fra un tenebroso taglialegna e un meno spavaldo fabbro ferraio: in pratica Jacob & Edward in versione medievale. Ovviamente, all’insegna della castità più totale, buttando al vento anche la possibilità di sfruttare il bel sottotesto sulla scoperta della sessualità e degli istinti animaleschi cui la fiaba si presta (e che Neil Jordan colse mirabilmente con In compagnia dei lupi). L’attualizzazione del racconto punta al target adolescenziale e passa attraverso i corpi levigati dei protagonisti e la musica elettronica di una festa del villaggio che pare un rave, dribblando abilmente le infinite suggestioni oscure della materia e la natura ambigua della moderna Cappuccetto. Al punto da diventare, nella seconda parte, niente più che una “caccia al lupo” per lo spettatore, portato a sospettare che il licantropo si annidi in ogni personaggio. Tristi e svogliate le partecipazioni di lusso della nonna Julie Christie e dell’invasato cacciatore di licantropi Gary Oldman, mai così poco mordace.
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