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Cowboys & Aliens

Regia di Jon Favreau vedi scheda film

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La recensione su Cowboys & Aliens

di M Valdemar
2 stelle

Quando, all’incirca verso metà film, Olivia Wilde “sorge” dal fuoco in tutta la sua magnifica bellezza (quasi da lacrimare fluentemente), allora s’è trovato un motivo (l’unico) per cui vedere questo film. Ma l’”apparizione” è fugace (ovviamente) ed inoltre delle fiamme (maledette) velano opportunamente una certa parte, mentre con i bulbi oculari - che per l’occasione sfidavano le leggi della natura - si cercava ardentemente l’oggetto del desiderio. Eh, l’indimenticabile dottoressa Tredici, che occhi incantevoli! puro ghiaccio che ti getta tra le fiamme del peccato!
Dunque, a parte l’introduzione “ormonica” (del resto è lì per quello …), cosa rimane, seriamente, di Cowboys & Aliens? Poco, davvero molto poco. Di produzioni che hanno come registro stilistico quello del megaspettacolo fracassone, roboante e decerebrato non se ne può più. A pensare a tutte le porcate similari recenti, non si riesce, nemmeno sforzando i pochi neuroni a disposizione, a distinguerli l’uno dall’altro, ci sono sempre gli stessi ingredienti cui di volta in volta vengono apportate le opportune varianti: l’(anti)eroe per caso che si deve redimere da un passato oscuro; i cattivi, brutti, sporchi che finiscono male (e la cui potenza è inversamente proporzionale alle capacità strategiche); la sexy bambolina, intelligente e munifica; gli alleati buffi e pasticcioni (ai quali viene affidata la componente comica); l’inizio, lo sviluppo e la fine. Tutto già visto. E subito dimenticato.
Tra gli sceneggiatori (ma quanti sono?) figurano alcuni illustri nomi della “cerchia” di J.J. Abrams (avessi detto ...): Alex Kurtzman e Roberto Orci (Alias; Fringe; il reboot di Star Trek), e Damon Lindelof (Lost). Il risultato non è la somma delle sue parti, che già di loro non sono ‘sto granché.
Prendendo spunto da una graphic novel (ecco, un’altra cosa che ricorre troppo spesso) di tale Scott Mitchell Rosenberg (tanto per dire, appare tra i produttori dell’immonda riduzione cinematografica di Dylan Dog), il film cerca (invano) di trovare nuova linfa fondendo l’epica western con la fantascienza, qui rappresentata dall’invasione di orrendi alieni. Lo stridente contrasto che nasce dall’unire il passato - un immaginario collettivo fatto di cavalli, whisky, polvere, mandriani, colt, indiani, saloon - con la tecnologia avanzata di un mondo (o un futuro) lontano, dovrebbe teoricamente assicurare discreti elementi narrativi cui fare abbondantemente ricorso per poter mettere in scena un qualcosa di vagamente originale. Missione penosamente fallita.
Lungo tutte le (quasi) due ore (altro standard) non c’è un-momento-uno che non sia ampiamente prevedibile, stravisto, riciclato. Le scelte dei personaggi e molte scene non sono minimamente credibili e si ha la concreta impressione che il tutto - nonostante i mezzi dispiegati - sia stato svolto sbrigativamente o per inerzia, e sempre troppo (malamente) studiato. Come la decisione, preparata a tavolino (sul quale c’era evidentemente poggiato alcool in massicce quantità), di affiancare il divo di una volta, un Harrison Ford in vacanza/pensione (già da un bel pezzo) con uno di quelli attuali, un Daniel Craig carismatico come un carciofo raggrinzito. Ancora una volta, la somma non torna.Cambiassero calcolatrici. Oltre a loro due fanno la loro comparsa anche altri volti (più o meno) noti: lo "specialista" Keith Carradine (lo sceriffo); Walton Goggins (il mitico Shane Vendrell di The Shield) e il grande Sam Rockwell (Doc), che una volta tanto non fa lo spostato. Ma che ci fa qui?
Il regista, Jon Favreau (i due Iron Man) ha clamorosamente toppato, su tutti i versanti, riuscendo nell’invidiabile impresa di scontentare sia i nostalgici del western sia i cultori delle opere fantascientifiche. Andasse a ripassarsi per bene qualche classico, gli farebbe sicuramente bene.
Quindi, alla fine, cosa resterà nella memoria di cotanto capolavoro (d'idiozia)? Olivia Wilde, of course, occhi e corpo (ma dov’era il regista??) votati alla dannazione. La nostra.



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