Regia di Duncan Jones vedi scheda film
Duncan Jones è tornato dalla sua luna per raccontarci un'altra storia (im)possibile. Una sorta di "Ricomincio da capo" in salsa sci-fi aggiornato delle giustificate sindromi paranoidi post 11settembre. Il plot vede un giovane pilota americano risvegliarsi nei panni di un altro uomo a bordo di un treno in corsa che da lì ad 8 minuti salterà in aria. Anziché morire nell'esplosione, il soldato si ritrova catapultato in un altro ambiente non specificato in cui apprende di essere in missione per conto del governo e che tramite un programma sperimentale continuerà ad essere rispedito nello stesso contesto temporale sino a quando non scoprirà le origini di quello che si rivelerà essere un feroce attacco terroristico. Un'idea interessante che il talentuoso figlio di David Bowie mette elegantemente in scena con i mezzi della grande produzione hollywoodiana ma senza per questo rinunciare ad un'impronta personale nella gestione del materiale narrativo. Interessato più ai risvolti emotivi e psicologici della vicenda che allo sterile sfoggio di effetti speciali e montaggi forsennati, Jones articola l'azione del suo "Source Code" prediligendo la staticità d'interni ben delimitati come il vagone ferroviario, la capsula o la base operativa con la quale il protagonista interagisce per ricevere istruzioni e chiedere spiegazioni. In questo modo il regista ha modo di concentrarsi sulla scrittura e sul lavoro degli interpreti esplorando diversi sottotesti che arricchiscono la potenziale ripetitività del soggetto di base. E' così che, con il trascorrere dei minuti, vediamo il coraggioso militare fare i conti non solo con un folle attentatore e con i paradossi di una realtà parallela a tempo limitato ma anche con le ambigue direttive dei suoi mandanti (una preziosa Vera Farmiga ed un ambizioso Jeffrey Wright), con l'amore di una dolce sconosciuta (una Michelle Monaghan di fronte alla quale risvegliarsi ogni volta pare una benedizione) e con gli spettri di una vita precedente interrotta e votata al sacrificio. Buon cinema nonostante qualche incongruenza e diverse forzature resesi necessarie per quadrare il cerchio di uno script complesso che, soprattutto nella seconda parte, perde un poco di efficacia e credibilità a vantaggio di tempi maggiormente dilatati e di finali multipli non tutti necessari. Ad ogni modo, un secondo lavoro interessante, dotato di buon ritmo e ben sorretto da uno stoico Gyllenhaal che convince senza strafare. Di Jones piace poi quel romanticismo di fondo e la capacità di anticipare un happy-end perfetto come un bacio in fermo-immagine a sugellare una seconda occasione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta