Regia di Duncan Jones vedi scheda film
Originale seppur nell’abusato argomento, ma non è "Rit al fut" Alla prima visione l’ho trovato a dir poco entusiasmante, quasi ansiogeno. Alla seconda lo gusti con più calma; dalla terza in poi ci si accontenta del musino carino di Michelle Monaghan e del suo sorriso ipnotico; e quanto vorremmo esser al posto del fortunato Gyllenhaal. Voto 7.5
A me è piaciuto. Tanto.
Trama magistrale quanto semplice: si va da A a B. Poi di nuovo A > B fino a C. Poi di nuovo A > B > C > D e di nuovo ad A > B > C > D > E... e così via, sino alla risoluzione del caso e alla chiusura del “loop temporale” in cui il nostro eroe è stato letteralmente imprigionato. Colter Stevens, capitano/pilota dell'USAF, si risveglia improvvisamente in un qualcosa che a lui pare una sorta di capsula, dalla quale interagisce tramite video, con degli interlocutori – militari e secretati ovviamente – come da tradizione e copione, di cui unicamente alti funzionari governativi sono a conoscenza – e della quale solo dopo qualche rapida esperienza, capisce di avere a che fare con una sorta di sdoppiamento – non della personalità – ma della fisiognomia piuttosto, in quanto si sorprende allo specchio, nel volto e corpo di un'altra persona a lui sconosciuta, ma riconosciuta da altri suoi interlocutori quale Sean Fentress, e di ritrovarsi, ad ogni doloroso rilancio del diabolico marchingegno, proiettato in una medesima realtà che lui, a sua insaputa, almeno iniziale, può alterare, modificare, al fine di risalire al responsabile del solito folle attentato – ovviamente non “talebano”( causa rischio d’imputazione teologo/razzista tanto caro al solito “politicamente corretto” onnipresente).
Si chiama dunque in causa, il sempre valido sfigato sociopatico, che ha costruito una super bomba in cantina, qualcosa di nucleare addirittura, e trasportata a bordo di un furgone.
Ma per far questo, prima ancora va ritrovata un’altra bomba a bordo di un treno pendolare, sul quale si ritrova a viaggiare, ogni volta, il protagonista.
Indizio o fattore di non poca rilevanza: ogni rilancio dal quel congegno, da quella capsula temporale, ha una durata massima di otto minuti. Sempre e soltanto 8’. Alla conclusione dei quali avviene comunque la detonazione dell’ordigno sul treno, ed il pilota si risveglierà nuovamente nella capsula, denominata appunto “Source-Code”.
Jake Gyllenhaal nel ruolo quasi “distopico” di Colter Stevens (ho controllato il significato; calza, eccome se calza) ma non solo per una fatto di anatomiche precisioni, ma anche per come rimbalza nel tempo, da un momento al successivo – eppure sempre il medesimo; e per quanto si sforza di cambiar atteggiamento, passando in rassegna un passeggero dopo l’altro, nelle vesti di un inquisitore più che di un investigatore, ovviamente tirandosi addosso l’indignazione di tutto la carrozza, e lo stupore di un viaggiatrice seduta di fronte a lui, che pare conoscerlo benissimo.
Si tratta della carinissima Christina Warren, interpretata da una Michelle Monaghan qui deliziosa più che mai; certo, solo nel ruolo di complemento, quello d’un altro tipo di interlocutrice, molto più stimolante rispetto a quella in divisa blu, e che sarà, manco a dirlo, il premio finale, così bella com’è nella sua semplicità... con quegli occhioni vispi e diretti, e quella bocca matura e succosa, disegnata su quel viso acerbo in eterno... ruba di tanto in tanto la scena, ritagliandosi comunque il suo spazio.
Vera Farmiga impersona a dovere, un ligio colonnello dell’USAF, Colleen Goodwin. l’interlocutrice, l’operatrice alla capsula, che si scoprirà una coscienza in favore di Colter, e ai danni del suo diretto superiore, seppur sia un civile, inventore del marchingegno e curatore del progetto “source code”, il patriottico, determinato, ostinato quanto plagiatore,Dr. Rutledge, a cui presta il volto coriaceo il sempre più impegnato, ingaggiato, Jeffrey Wright.
Nel tentativo di accostarlo ad altri film nello stesso genere, in molti hanno descritto variazioni sul tema davvero divertenti – ed eufemisticamente interessanti.
Hanno “cominciato” con – udite udite – “Ricomincio da capo”?!
Per non parlare di allucinazioni perverse, o il film dei “fratelli Matrix” Wachowsky e certo,“Donnie Darko” (“e perché mai?” mi son pure chiesto; per la presenza di Jake Gyllenhall?! Allora perché non menzionare anche “Prince of Persia”.
Ma pensa te! L’ho detto tanto per sfottere “simpaticamente” coloro che sempre “simpaticamente” si divertono a triturare film tanto “intrippanti”; e salutare i mie angeli custodi, punzecchiosi angeli custodi. ;)
Mentre, a pensarci bene, oltre che impersonato dal bravo, a volte straordinario attore USA, fratello di Maggie, il film infatti, parla di frangenti di tempo che vengono riavvolti: ma io non sono “voi”, non ho la vostra “sfacciata fantasia” ne la vostra cultura cinefila – consentite – del tutto confutabile; e poi magari richiamerà pure altri titoli, quali, non credo possano paragonarsi a questo, davvero ottimo.
Insomma, tutto questo farfugliare – il vostro – io sto solo riassumendo quanto detto dai più – quando il film paragonabile da menzionare era uno ed uno soltanto solo, e solo due utenti lo hanno fatto, anche se una delle due, un certo “accidenti” (a lui! Se se ne scrivono di cavolate qui ), ne ha fatto una sorta di strampalata quanto astratta ed incomprensibile macchietta rubata a “Rain Man” che a sua volta la rubò a “Gianni e Pinotto”... tentando, presumo, il rimando al bellissimo “inside John Malkovich” buttandoci in mezzo Tony Scott (che ci sta), ma ad un certo punto ho temuto potesse risalire, chissà, a “Top gun”?! o peggio, a “Polar express”? E quindi direi eliminato.
Ne resta uno, uno soltanto, come tra gli “Higlander”, che nella recensione ha nominato – ovviamente – (almeno in “un mondo perfetto” sarebbe stato ovvio) – “Dèjà vù – corsa contro il tempo” semplicemente – e propriamente – del compianto Tony Scott, perché tratta lo stesso medesimo caso! Ovvero, impedire un attentato terroristico con l’impiego di un apparato tecnologico in grado di riavvolgere il tempo.
E ho detto riavvolgere.
Nel film non sono neanche menzionati i viaggi nel tempo.
Anche perché la definizione di viaggio presuppone, come da dizionario – che qualcuno ha scomodato per spiegare il significato del termine “fantascienza” – presuppone “un lungo spostamento: quello di “Ritorno al futuro”... è un viaggio spazio-temporale; anzi, “il viaggio nel tempo” per antonomasia! Almeno quella cinematografica.
Ancora più simpatici e coloriti però, sono stati coloro i quali si son prodigati, prodotti, in pindarici trattati di fisica quantistica, citando teorie e scienziati lette chissà dove... vuoi... per giustificare, suffragare il film... chi per darsi un tono... vuoi perché non hanno gusto, ne arte ne parte. O ne hanno troppo, e questo li porta a sentirsi al di sopra.
Originale seppur nell’abusato argomento, ma non è rit al fut. Alla prima visione l’ho trovato a dir poco entusiasmante, quasi ansiogeno. Alla seconda lo gusti con più calma; dalla terza in poi ci si accontenta del musetto furbetto di Michelle Monaghan e del suo sorriso ipnotico; e quanto vorremmo esser al posto del fortunato J.Gyllenhaal.
Voto 7.5
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